Capitolo ventesimo – Giorno 29 – La fine –

 

Incapace di esprimere verbalmente i miei sentimenti affido a pezzi d’argilla il compito di tradurre le mie emozioni e le mie sensazioni. Ho spesso paura di essere frainteso e di non riuscire a replicare a chi vorrebbe comprendere il mio mondo, una realtà bellissima ma al tempo stesso melanconica, fatta di cose inutili e animali fantastici, risultato di esperienze vissute in modo troppo programmato quanto completamente casuale.
Quella di Gmunden è stata un’esperienza incredibile, in cui ho affidato tutto al percorso e niente al risultato finale. Ho cercato di trasmettere questa volontà nei vari capitoli di questo blog e in tutte le opere realizzate. Ho aggiunto un video, quello in alto, forse difficilmente comprensibile, forse troppo semplice.
Sono così arrivato davanti alla giuria con tante cose da mostrare, poche parole da dire e una totale paura del giudizio finale. Un gruppo di addetti ai lavori, cinque esperti del settore, ha selezionato le opere che gireranno nei vari Musei per i prossimi due anni e quella che entrerà a far parte della collezione permanente di Gmunden.
La giuria era composta da Claudia Casali, direttrice del MIC in Faenza, Stijn Yperman, docente di ceramica ed ex partecipante al Simposio, Gabi Dewald, giornalista ed ex redattrice di Keramik Magazine, Frank Luise, artista e docente di ceramica all’accademia di Linz e Jindra Vikova, affermata artista ceca.
Abbiamo discusso a lungo sulle mie opere e ho ascoltato le loro considerazioni. Qualcuno mi ha chiesto di dover scegliere tra gli oggetti e gli altorilievi, di dover scegliere tra due cose che per molti non dialogano tra loro. Avrei voluto spiegare che anche se non dialogano quelle parti hanno un bisogno tremendo di esistere, di venir fuori al momento opportuno. Non ho detto niente, ho voluto che fossero loro a decidere. Tra la giuria c’è chi ha lottato con me, chi si è emozionato e chi sicuramente non ho convinto.
Alla fine sono stati selezionati tutti gli oggetti dell’installazione Pumpkin in dead: sedia, posacenere, martello, estintore, scopa e video. La tanica, invece, entrerà a far parte della collezione permanente.
Non sono contento per le 6 opere selezionate e nemmeno triste per i 6 altorilievi esclusi. Questo progetto puntava al percorso e non al risultato finale. Un percorso che ho condiviso con persone incredibili. Quando ripenserò a Gmunden e al Simposio non mi verranno in mente né le mie opere e nemmeno quelle di artisti interessantissimi. Penserò a quanto detto, vissuto, sofferto e riso con chi ho avuto il piacere di conoscere e incontrare in questa piccola e ordinatissima cittadina. Una cittadina che non si ricorderà del mio passaggio, ma che ha segnato un passaggio importante della mia vita.
Bye Bye Gmunden.

Capitolo diciannovesimo – Giorno 28 – Gli oggetti –

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Quelli che vedrete di seguito sono una serie di oggetti in dimensione reale, ritrovati all’interno della fabbrica e riprodotti in ceramica senza utilizzare stampi. Sono opere che ho realizzato modellando a mano differenti argille cotte in seguito a varie temperature. Sono una sedia, sopravvissuta a sfavorevoli pronostici e crolli, una tanica, modellata senza alcun criterio tecnico, un martello distrutto e poi ricostruito, un posacenere testimone delle mie troppe sigarette, una scopa cotta per ben quattro volte e un estintore non fotografato. Questi sono gli ultimi lavori che ho realizzato durante il Simposio di Gmunden e insieme agli altri sono stati mostrati alla giuria che ha selezionato ed espresso il suo parere. Domani vi dirò come è andata, le mie ultime impressioni e considerazioni.

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Capitolo diciottesimo – Giorno 27 – Io e Doro –

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Non sono quasi mai riuscito a collaborare. Forse perché non mi piace il 74% delle cose che mi circonda, forse perché è solo quando realizzo le mie opere che sono pienamente me stesso, cosa che mi rende nudo di fronte al mondo. Ma a Gmunden sono cresciuto. Ho visto le ceramiche di Doro e me ne sono innamorato. Per questo ho deciso di voler realizzare alcune opere con lei. Una seria di personaggi fantastici, modellati unendo argille diverse, cotti a 1060° e ricotti con gli ossidi. Questo è risultato della nostra collaborazione. Purtroppo mancano cinque personaggi che sono stati regalati e donati.

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Capitolo diciassettesimo – Giorni 25 e 26 – Ritorno al futuro –

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Sono in aeroporto e mentre attendo il volo che mi riporterà in Italia mi accorgo del ritardo di una settimana sugli aggiornamenti. Ho lasciato Gmunden, le mie opere, gli amici e un conto non saldato nella reception dell’hotel. Nei prossimi capitoli proverò a descrivervi gli ultimi giorni di quella che è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita. Ho ideato il mio progetto prevedendo la realizzazione di opere che restituissero il mio ricordo alla città; oggetti raccolti durante il percorso dall’hotel e poi riprodotti in fabbrica. Ci ho creduto, ho lavorato e sono spesso inciampato. Con una serenità indescrivibile ho deciso di andare avanti cambiando strada. Ho smesso di progettare, calcolare e aggiornare il blog. Ho capito di aver trascorso così tanto tempo nell’idea del dover lasciare qualcosa che ho dimenticato troppe cose per strada. Ho abbandonato qualsiasi aspettativa finale e ho vissuto ogni giorno al massimo.
Ho speso 200 euro per scappare da Gmunden e tornare in taxi, bevuto 3000 birre e consumato kilogrammi di argilla. Ho fumato il triplo del normale e sono crollato nel caldo di una camera di essiccazione. Ho dormito mediamente tre ore a giorno, mangiato kilogrammi di formaggi e spezie, sono rimasto bloccato in ascensore e ho ballato la break dance in posti improbabili. Ho fatto talmente tante cose che un giorno ho smesso di pensare in italiano, anzi ho smesso di pensare del tutto. Sono così arrivato alla fine. Ho presentato le opere alla giuria e cercato di spiegare quanti meno perché possibili. Nei prossimi paragrafi l’elenco di tutto quanto realizzato a Gmunden. Cominciamo con gli altorilievi. Ne ho realizzati in tutto sei, appiccicando su vecchi materiali ritrovati in fabbrica alcuni momenti della mia residenza. Purtroppo ne sono riuscito a fotografare quattro. Quello in alto si intitola “can you take us a picture?”, gli altri sono scritti sotto.

iwouldliketobelikeyouweb“I would like to be like you”, 30×25 cm.

 canyoupassmethecheese“Can you pass me the cheese?”, 40×40 cm
Iforgotthekey“I forgot the key”, 40×26 cm.

Capitolo sedicesimo – Giorni 23 e 24 – Giorgio Terracotta è tornato

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Il tempo stringe e le cose da fare aumentano. Bisogna prenotare i forni per le ultime cotture, ripulire gli spazi di lavoro, preparare la mostra e decidere i pezzi da esibire. Rispettando il mio stile sarò uno degli ultimi a terminare, abituato a rimandare a domani quello che avrei potuto fare ieri. Devo ancora aspettare opere che escono dal forno, smaltarle, dare il platino e preparare le cornici per i miei altorilievi. A tutto questo aggiungete la mia nuova collaborazione con Dorothea Klug. Cliccate qui per vedere le sue fantastiche opere. Fatelo veramente, ne vale la pena.
Insieme abbiamo deciso di realizzare una serie di personaggi mischiando stili e argille. Ci saranno uomini tartaruga, cigni nudi, delfini inghiottiti, conigli con i guantoni, lucertole volanti e tanto altro. Dovrete aspettare la prossima infornata. A proposito di forni, lunga vita all’apertura frontale e alla bassa temperatura.
Giorgio Terracotta is back.

Capitolo quindicesimo – Giorni 21 e 22 – Reality

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Grazie al Simposio di Gmunden mi trovo a condividere con altre nove persone che neanche conoscevo settimane intensissime. Come in un reality show ci siamo ritrovati a vivere, lavorare, pranzare e cenare in una fabbrica per venti ore al giorno, tempo necessario per far nascere e scatenare tutto quello che i peggiori grandi fratello ci hanno abituato ad amare. Dopo tre settimane iniziano a comparire simpatie, amicizie, litigi, pettegolezzi e turni per la cucina su tavolette magnetiche. Io non cucino, mangio tanto e penso di essere ingrassato un paio di kilogrammi. Colpa della birra, delle poche ore di sonno e delle tante d’insonnia. Quello che ho provato a fare qui a Gmunden è stato raccontare il mio percorso, affidandolo agli oggetti e agli altorilievi il compito di narrare tutte le mie avventure. Con l’esplosione molti altorilievi sono andati distrutti ma fortunatamente sono riuscito a recuperarli. Una miscela magica fatta di aceto, zucchero e argilla liquida mi ha permesso di unirli e cuocerli a 1160 gradi. La tenuta è stata strepitosa e ho trascorso una giornata intera a dipingere volti e vestiti. Per concluderli mi mancano due cotture, ho ancora tempo a disposizione e un sacco di sonno.

Capitolo quattordicesimo – Giorno 20 – La sedia –

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Vi presento la sedia, unica sopravissuta alle esplosioni dei giorni scorsi. L’ho realizzata la scorsa settimana e già da allora  ho compreso che non avevo una soluzione per spostarla. Da allora è ingonbrantemente al mio fianco a tempo indeterminato.
Ridotto lo spazio di lavoro ho aumentato il tempo di produzione. Ieri non appena risalito nel laboratorio ho trovato una piacevole sorpresa: Andrea mi ha fatto trovare un cilindro d’argilla da pressa svuotato e mi ha detto che avrei dovuto ricominciare dall’estintore.
Siamo rimasti in quattro fino alle quattro del mattino in fabbrica. Abbiamo mangiato, bevuto e lavorato. Ho rifatto l’estintore ed ho cucinato due tortillas. Oggi è un altro giorno, devo spostare la sedia e fare altre cose. A domani.

Capitolo tredicesimo – Giorni 17, 18 e 19 – Esplosioni –

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Sono arrivato al Simposio con tante paure, non conoscendo i materiali mi sentivo svantaggiato rispetto a chi la ceramica la studia o la insegna da una vita. Sono entrato in punta di piedi e grazie al mio modo di fare mi sono integrato in un gruppo che ha moltissime differenze culturali dalle mie. Differenze che possono essere accettate ma difficilmente comprese.
Ho lavorato al mio progetto e realizzato i miei pezzi.
Con una tempistica perfetta sono riuscito a modellare otto grandi oggetti e sei altorilievi alternandoli a birre, passeggiate e mangiate pesanti.
Ho così infornato quasi tutta la mia avventura a Gmunden in tre giorni differenti. I tre giorni trascorsi, quelli in cui sono mancato dal blog.
Per tre volte i miei lavori sono andati distrutti, affondati dalle esplosioni dei pezzi dei miei compagni di viaggio. Ci son rimasto male, anzi malissimo. Mi sono interrogato sul da farsi e su come. Ho pensato al gruppo e a Giorgio di Palma, a quello che mostrerò alla presentazione finale, vicina ormai pochi giorni. Davanti a una tazza di tè ho rivissuto le mie esperienze a Neumuster e Vizzini. Ho ricordato i miei lavori, le miei installazioni e soprattutto gli sguardi di chi ha condiviso con me quelle esperienze. Nei loro occhi ho lasciato sempre un ricordo e un messaggio più duraturo di qualsiasi ceramica cotta a qualsiasi temperatura. Per questo quando ho visto gli sguardi dispiaciuti dei miei amici ho perdonato e dimenticato tutto. Mi sono rialzato più forte e più convinto dei miei mezzi. Ho riaggiornato il blog e ripreso la ceramica. Il mio percorso ricomincia da qui. Con poco tempo a disposizione e con la consapevolezza di conoscere veramente la materia con cui lavoro. Perché senza averlo mai fatto, so come lavorare e cuocere questa argilla. Si riparte.

Capitolo dodicesimo – Giorno 16 – Con calma

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La mia produzione continua in maniera lenta e inesorabile. Un pezzo al giorno, alternando altorilievi a oggetti. Mischio argille, ascolto musica, lascio i pezzi nella camera di asciugatura, mangio pane e formaggio, accendo il forno, bevo tisane e aspetto nuove ispirazioni. Sto vivendo questa esperienza a Gmunden senza affanni, senza attendere il grande finale. Ho per la prima volta la possibilità di conoscere tecniche e piccoli segreti che fino a ieri ammiravo osservando i pezzi di quanti si confrontano quotidianamente con argille di questo tipo. Potrei cuocere in forni grandi come box auto e utilizzare innumerevoli sacchetti di argilla, ma procedo con calma. Ho trovato nella fabbrica un materasso gonfiabile di enormi dimensioni, dove vi trascorro ore pensando a cosa scrivere, ascoltando “Cara” di Lucio Dalla e sbrodolando il cuscino.
Sono abituato a lavorare il giusto, ad accendere il forno quando è pieno e a non sprecare argilla. Ecco perché anche se a volte mi sento lento, sono felicemente me stesso.
Il secondo oggetto che ho realizzato è una scopa. L’ho trovata appoggiata fuori un negozietto, vicino all’erboristeria, dietro l’hotel. Non l’ho rubata ma l’ho fotografata. Per la realizzazione ho utilizzato argilla bianca refrattaria, poi ingobbiata e cotta a 1200 gradi. Purtroppo l’effetto non mi ha ancora convinto e penso di riprovare a una temperatura superiore. Vi aggiornerò con calma, domani.

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