Capitolo ventidue – Giorno 28 – Il video

Capitolo ventuno – Giorno 27 – Il saluto –

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Saluto la cameriera, quella del ristorante che con la convinzione che mi faccia piacere da un paio di giorni mi porta sempre caffè solubile e latte in polvere. Ho appena fatto colazione, fuori pioviggina e alla reception mi offrono un ombrello che rifiuto. La porta dello studio dista non più di 20 metri. Potrei raggiungerla facilmente bagnandomi appena, aprire i forni e scoprire il risultato di questa residenza.
Decido di fare prima un’ultima passeggiata a Fuping. Ripercorro tutte le strade che ho vissuto per un mese. Rincontro i due vecchietti ai quali chiesi una foto appena arrivato, rivedo il luna park abbandonato, mi perdo nel giardino del Presidente, ballo per un’ultima volta con le signore del parco, mi compro dei pomodorini e mi fermo su una panchina a mangiarli.
Ha smesso di piovere e Micah P. Hinson ha lasciato spazio a Homesick dei Kings of Convinience.
Non riesco a trattenere le lacrime al solo pensiero che tutto questo da domani sarà solo un ricordo. Ma devo andare avanti, mi rialzo e mi lascio la panchina alle spalle. E’ il momento di andare in studio. Chiedo all’interprete di tradurmi poche parole in cinese.
Le imparo a memoria e le uso per salutare e ringraziare una a una tutte le persone che mi hanno accompagnato e con cui ho collaborato per un mese. Li vedo sorridere, commuoversi e a volte persino abbracciarmi. Perché per i Cinesi un abbraccio è qualcosa di veramente speciale.
Sto per aprire i forni, ma sono convinto che il risultato di questa residenza non sia al suo interno, ma fuori. Nei loro sinceri abbracci, in quel caffè solubile, nel latte in polvere, su quella panchina, nel ballo con le signore.
Se devo essere sincero le uniche opere che ho realizzato in questo mese non sono in ceramica, ma hanno a che fare con la ceramica.
Le avete letto in questi ventuno capitoli e le vedrete nel video di domani. E’ per questo che oggi non metterò le foto dei lavori finiti. Quelli li vedrete alla fine del video e nell’ultimo post di questo capitolo residenze. Perché senza il blog e senza il video sarebbero solo foto di opere di ceramica con buffi titoli.
Ma dietro quei buffi titoli c’è un mondo, ci sono delle persone e delle storie. Ci sono la Cina, voi, un sacco di piatti di noodles e ci sono io.
Io che, spero di essere riuscito a raccontarli.

Capitolo venti – Giorno 26 – I colori

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Alcune volte mi è capitato di ricevere richieste e preventivi con allegato il Pantone del colore. Chi non conosce la materia non sa che “colorare” la ceramica non è semplice. Allo stesso modo con cui esistono i pastelli, gli acquarelli, le tempere e tanto altro, in ceramica esistono le vernici, gli ingobbi, gli smalti, i pigmenti, ecc., che possono essere applicati in modi diversi con risultati differenti. Io utilizzo gli smalti per la produzione degli oggetti e gli ingobbi per i personaggi.
Ma se può sembrare buffa l’idea del Pantone, non è oggi molto lontana dalla realtà perché ci sono posti dove basta recarti con un codice univoco e ti viene venduto il “colore” che cerchi.
Per questo ancora più buffo di chi richiede il Pantone è chi ostenta conoscenza dicendo il tuo azzurro o il tuo rosso. Perché quelle tinte non sono mie, ma della colorobia.
Miei sono i colori che provo a realizzare quando sono all’estero, magari in Cina, perché in questi posti non ci sono le colorobie a pararmi il culo e ogni opera è il risultato di test e improvvisati tentativi.
Perché qui si cuoce a 1300 gradi e a questa temperatura la brillantezza che caratterizza i miei oggetti è quasi irrangiungibile. Non si sono gli stessi smalti. Come faccio?
Cerco la strada più corta per arrivare al medesimo risultato, affidando al mio navigatore il compito di allungare di migliaia di minuti il tragitto, perché quello che a Grottaglie faccio in un’ora qui sono costretto a farlo in minimo cinque ore.
Ma non c’è emozione più bella di quella di aprire il forno e vedere cosa è successo, cosa ho combinato. L’imprevedibilità di un risultato che spero di aver raggiunto.
Lo scoprirò domani perché oggi ho “colorato” tutte le opere.
Ho deciso di conservare per tutte la loro autenticità, affidando a smalti e tecniche tradizionali la parte realizzata dall’artigiano locale, e di mantenere il mio stile nel mio intervento. Mi sono “inventato” i colori per i palloncini e creato gli ingobbi per i personaggi. Ho utilizzato i loro smalti, sperando che creino gli stessi loro effetti. Ho spruzzato, immerso e decorato tutto.
Si parte, 1230 gradi in 9 ore.
A domani.

Capitolo diciannove – Giorno 25 – Il biscotto –

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Non avendo mai studiato ceramica molte delle mie conoscenze le ho apprese viaggiando, grazie alle numerose residenze d’artista fatte negli anni. Perché se a Grottaglie, grazie a mio padre, ho imparato come fare ceramica, con la nostra argilla e alle nostre temperature è quasi impossibile realizzare diversi tipi di manufatti.
Questo perché la ceramica è terra, ma anche riflesso di quella terra in cui nasce e si sviluppa. Racchiude storia, cultura, clima e tradizione.
A Grottaglie si è sempre fatta terracotta a bassa temperatura, cotta al massimo a 960°. Questo perché ci troviamo nel sud Italia, dove a zero gradi muoriamo di freddo noi, non le nostre ceramiche. Se Grottaglie fosse stata in Cina avremmo trovato sicuramente il modo di fare ceramiche a 1300 gradi, perché in Cina saremmo morti di freddo noi e le nostre ceramiche. La terra ci avrebbe offerto la soluzione, avremmo perso i colori splendidi che ci invidiano ma avremmo guadagnato effetti e resistenza che invidiamo.
La cosa complessa è riuscire a portare Grottaglie altrove. Perché, seppur completamente scollegato dalla tradizionale ceramica di Grottaglie, vorrei che nelle mie opere si leggesse non solo il nome ma anche l’età e la provenienza.
Per questo ogni cottura che faccio all’estero è un dilemma. Perché vorrei riuscire a fare quello che faccio a Grottaglie in qualsiasi altra parte del mondo. Perchè quando mi parlano di riduzione, ossidazione, 1300 gradi, fratte e coni, io annuisco senza in realtà capire di cosa la gente mi parli. So quello che voglio, e fortunatamente lo riesco ad ottenere. Conosco i risultati, non i procedimenti.
Ed eccomi qui pronto ad affidare a tre forni differenti le sorti di questa residenza. Due forni a gas cuoceranno in riduzione e ossidazione e un piccolo forno elettrico ospiterà palloncini e altri oggetti. Alcune opere saranno realizzate in monocottura altre avranno bisogno degli smalti che, naturalmente, qui sono tutto un altro mondo.