Capitolo secondo – Giorno 2 – Il viaggio

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Raggiungere Gmunden è stato semplice e interminabile. In poche ore sono passato dalla macchina all’aereo e dall’aereo al treno passando per un furgone. Se vorreste raggiungermi la via più semplice da seguire è la seguente:
1) Grottaglie-Brindisi,
2) Brindisi-Roma,
3) Roma-Vienna,
4) Vienna aeroporto-Vienna Mitte,
5) Vienna Mitte- Vienna Westbahnof,
6) Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim,
7) Attnang Puchheim- Gmunden.
Premesso questo potrei dedicare alcune righe all’Alitalia, o alle ferrovie austriache o ancora alla pulizia dei bagni aereportuali viennesi, ma non ne ho voglia. Vi parlerò della tratta Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim.
Pochi giorni prima della partenza avevo pensato di dedicare questo mio progetto alle migrazioni. Sono italiano, ho un legame particolare con Budapest e stavo per trascorrere un mese in Austria. Perfetto, avrei raccontato attraverso la ceramica le storie di quanti, in questo periodo, partono da Siria, Afganistan, Somalia o Iraq  per cercare un futuro migliore in Europa. Ho pensato di tornare a Budapest e partire con i migranti verso la Germania, ascoltare le loro storie e trasformarle in oggetti o bassorilievi. Ne ero convinto. Poi sono arrivato a Vienna e mentre aspettavo il treno per Attnang Puchheim (tappa n. 6) sono passati davanti a me una cinquantina di profughi (donne, uomini, bambini) tartassati da flash e scortati dalla polizia. Sono stati fatti salire sul mio stesso treno ed isolati su due vagoni.
Ho pensato che la fortuna mi avesse baciato e che quello sarebbe stato il momento giusto per raccogliere le informazioni che cercavo. Avrei trascorso due ore con loro, mi sarei fatto regalare da tutti un oggetto e lo avrei riprodotto in ceramica. Ho così preso i bagagli e mi sono avvicinato ai loro vagoni, gli unici stracolmi in un treno quasi vuoto.
Li ho attraversati nell’indifferenza totale fino a quando un ragazzo mi ha fermato ed invitato a sedermi. Mi ha ceduto il suo posto e così ho trascorso il mio viaggio Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim in compagnia di Alì e altri ragazzi che non ricordo il nome. Erano miei coetanei, uno era laureato, uno era ex militare, a uno li puzzavano i piedi e un altro riprendeva con il cellulare il verde della campagna austriaca. Mi hanno detto che erano iracheni, al contrario della maggioranza che erano siriani. Si stavano dirigendo a Monaco per poi decidere cosa fare.  Si erano conosciuti pochi minuti prima. Tutti avevano pochi vestiti, un po’ di soldi e tantissimo da raccontare. Erano partiti dall’Iraq, avevano attraversato la Turchia e poi si erano imbarcati su un barcone per la Grecia. Avevano rischiato la vita per raggiungere la Macedonia. Al confine tra la Macedonia e la Serbia c’era una fila di circa 20000 profughi che attendeva di entrare. Poi sono andati in Serbia e dalla Serbia in Ungheria. L’entrata in Ungheria è costata ad ognuno di loro circa 1200 euro e che a Budapest la situazione è disastrosa. Fortunatamente sono poi riusciti ad arrivare in Austria da dove avrebbero potuto raggiungere la Germania. Durante il viaggio mi hanno offerto cibo, caffè e sigarette macedoni. Sono stato benissimo con loro e ho spiegato cosa avrei voluto fare. Hanno preso una busta e iniziato a raccogliere alcune piccole cose: un bracciale, un paio di calzini (penso del ragazzo a cui puzzavano i piedi), un paio di fiorini ed una foto.
Poi ci siamo fermati in una stazione di una grande cittadina dove siamo stati assaliti da un gruppo di volontari in giacche fluorescenti che carichi di buone intenzioni ci hanno caricato lanciandoci addosso buste con banane, panini e cioccolatini. Non potevano mancare flash e fotografi.
A quel punto mi sono sentito stranito. Mi sono chiesto cosa significhi aiuto. Mi sono chiesto se fosse stato giusto chiedergli una foto o un oggetto. Mi sono chiesto se effettivamente li avrei aiutati. Ho capito che loro vogliono solo fuggire da una situazione un po’ più di merda della nostra. E lo fanno rischiando la vita. Non hanno bisogno né della mia compassione né del mio portafogli. Figuriamoci di banane, flash e progetti di Giorgio di Palma. Ho così deciso che non gli avrei chiesto niente. Ho lasciato la busta, ho preso i miei bagagli, ci siamo abbracciati e poi salutati.  Uno mi ha detto “God Bless you!”.
Ho lasciato i vagoni stracolmi e mi sono diretto verso il resto del treno vuoto. Ho così raggiunto Attnang Puchheim e poi Gmunden. Sono arrivato. Non ho più un idea per la mia residenza e stasera ho la presentazione. A domani…