Capitolo quinto – Giorni 6 e 7 – Il progetto –

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Sono a Vizzini da quattro giorni. Una casa senza frigo, tv e internet mi ha portato a trascorrere molto tempo fuori.
Ho conosciuto la mia responsabile,  il Sindaco e quasi tutta la giunta comunale.
Ho chiacchierato con uno scrittore che dice di conoscere tutta la storia della città e con un ragazzo che afferma che non legge libri perchè la storia la scrive la vita.
Ho passeggiato per ore con chi per questa città farebbe di tutto e sono stato seduto con chi in questa città non fa niente.
Ho mangiato un panino sotto una casa abbandonata ed ho parlato di asparagi con vecchietti simpaticissimi.
Ho vissuto troppo poco tempo per conoscerla ma il giusto per capire quanta importanza abbia il tempo in questo luogo.
E’ per questo che il mio progetto sarà dedicato al tempo.
Se Lucky mi ha insegnato a non inseguire la fretta, dopo la sua partenza mi sono perso. Sono fuggito dalla realtà in mille modi: sfornando idee, facendo yoga, viaggiando all’impazzata, facendo footing, andando al cinema o a cena fuori.
Ma qui non si scappa. Ci sono posti in cui dal tempo non si fugge, in cui il tempo è presente. Si vive davvero la giornata.
A Vizzini il tempo marca in modo indelebile città e cittadini.
Una storia importante ha lasciato sulle spalle di questa gente un’eredità difficile da gestire. Una risorsa pesante come un macigno. Le case abbandonate sono lo specchio degli sguardi rassegnati di chi ha inseguito un sogno altrove.
I centri giovanili pieni, le tante associazioni e i circoli ricreativi, la piazza colma,  gli schiamazzi nei parchi sono l’estremo opposto.  Sono la dimostrazione che qui c’è vita. La vita vera, di chi in un modo o nell’altro ha dovuto guardare in faccia la realtà.
Io sarò in questo posto e con questa gente per venti giorni. E per questo che racconterò le loro vite, ovvero la loro quotidianeità. Farò solo istallazioni urbane. Lo farò per loro, ma sopratutto per me. Sono stanco di fuggire e da questa gente non posso che imparare.
Posso iniziare.