Capitolo settimo – Giorni 11,12 – L’esplosione

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C’è un piccolo treno che da Bechyne porta a Tabor. Due piccoli vagoni gialli, non più di cento posti a sedere. Percorre lentamente paesaggi che ignoravo, sostando in minuscoli e impronunciabili paesini. Al mio fianco un uomo grasso in bermuda, di fronte a me il controllore, alle mie spalle una difficile esperienza da raccontare. Condividere delle settimane con degli artisti significa viverci: mangiare, bere, uscire, litigare e scherzare. Venti ore al giorno, per un mese.
Poi il botto.
“C’è stata un’esplosione, chiamate un dottore”.
Tomas era lì che riprendeva con la telecamera mentre Adam mischiava i componenti necessari all’esplosione.
Tomas corre e urla. Poi chiama l’ambulanza.
Sofie è la prima ad arrivare e a soccorrere Adam. Quando io e Luca arriviamo la scuola è piena di fumo. Adam ha il volto chino, coperto di sangue. Le mani sotto acqua corrente.
La squadra del simposio funziona alla perfezione. Lo soccorriamo per quello che sappiamo. Adam è cosciente. Si seguono le istruzioni e si aspetta l’ambulanza. Poi la polizia. Poi si aspettano i pompieri e poi gli artificieri. Si aspettano notizie dall’ospedale. Ore di sala operatoria e tanta speranza. Aspettiamo tutti qualche bella notizia. Forza Adam.
C’è un piccolo treno che da Bechyne porta a Tabor. Insieme a me ci sono Luca e Tomas. C’è un video che riprende Adam e l’accaduto. Tomas lo apre e decidiamo di fermarci poco prima dello scoppio. Il treno è fermo all’ennesima stazione. Poi riparte ma io rimango immobile a osservare paesaggi che ignoravo.