Capitolo ventesimo – Giorno 29 – La fine –

 

Incapace di esprimere verbalmente i miei sentimenti affido a pezzi d’argilla il compito di tradurre le mie emozioni e le mie sensazioni. Ho spesso paura di essere frainteso e di non riuscire a replicare a chi vorrebbe comprendere il mio mondo, una realtà bellissima ma al tempo stesso melanconica, fatta di cose inutili e animali fantastici, risultato di esperienze vissute in modo troppo programmato quanto completamente casuale.
Quella di Gmunden è stata un’esperienza incredibile, in cui ho affidato tutto al percorso e niente al risultato finale. Ho cercato di trasmettere questa volontà nei vari capitoli di questo blog e in tutte le opere realizzate. Ho aggiunto un video, quello in alto, forse difficilmente comprensibile, forse troppo semplice.
Sono così arrivato davanti alla giuria con tante cose da mostrare, poche parole da dire e una totale paura del giudizio finale. Un gruppo di addetti ai lavori, cinque esperti del settore, ha selezionato le opere che gireranno nei vari Musei per i prossimi due anni e quella che entrerà a far parte della collezione permanente di Gmunden.
La giuria era composta da Claudia Casali, direttrice del MIC in Faenza, Stijn Yperman, docente di ceramica ed ex partecipante al Simposio, Gabi Dewald, giornalista ed ex redattrice di Keramik Magazine, Frank Luise, artista e docente di ceramica all’accademia di Linz e Jindra Vikova, affermata artista ceca.
Abbiamo discusso a lungo sulle mie opere e ho ascoltato le loro considerazioni. Qualcuno mi ha chiesto di dover scegliere tra gli oggetti e gli altorilievi, di dover scegliere tra due cose che per molti non dialogano tra loro. Avrei voluto spiegare che anche se non dialogano quelle parti hanno un bisogno tremendo di esistere, di venir fuori al momento opportuno. Non ho detto niente, ho voluto che fossero loro a decidere. Tra la giuria c’è chi ha lottato con me, chi si è emozionato e chi sicuramente non ho convinto.
Alla fine sono stati selezionati tutti gli oggetti dell’installazione Pumpkin in dead: sedia, posacenere, martello, estintore, scopa e video. La tanica, invece, entrerà a far parte della collezione permanente.
Non sono contento per le 6 opere selezionate e nemmeno triste per i 6 altorilievi esclusi. Questo progetto puntava al percorso e non al risultato finale. Un percorso che ho condiviso con persone incredibili. Quando ripenserò a Gmunden e al Simposio non mi verranno in mente né le mie opere e nemmeno quelle di artisti interessantissimi. Penserò a quanto detto, vissuto, sofferto e riso con chi ho avuto il piacere di conoscere e incontrare in questa piccola e ordinatissima cittadina. Una cittadina che non si ricorderà del mio passaggio, ma che ha segnato un passaggio importante della mia vita.
Bye Bye Gmunden.

Capitolo diciannovesimo – Giorno 28 – Gli oggetti –

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Quelli che vedrete di seguito sono una serie di oggetti in dimensione reale, ritrovati all’interno della fabbrica e riprodotti in ceramica senza utilizzare stampi. Sono opere che ho realizzato modellando a mano differenti argille cotte in seguito a varie temperature. Sono una sedia, sopravvissuta a sfavorevoli pronostici e crolli, una tanica, modellata senza alcun criterio tecnico, un martello distrutto e poi ricostruito, un posacenere testimone delle mie troppe sigarette, una scopa cotta per ben quattro volte e un estintore non fotografato. Questi sono gli ultimi lavori che ho realizzato durante il Simposio di Gmunden e insieme agli altri sono stati mostrati alla giuria che ha selezionato ed espresso il suo parere. Domani vi dirò come è andata, le mie ultime impressioni e considerazioni.

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Capitolo diciottesimo – Giorno 27 – Io e Doro –

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Non sono quasi mai riuscito a collaborare. Forse perché non mi piace il 74% delle cose che mi circonda, forse perché è solo quando realizzo le mie opere che sono pienamente me stesso, cosa che mi rende nudo di fronte al mondo. Ma a Gmunden sono cresciuto. Ho visto le ceramiche di Doro e me ne sono innamorato. Per questo ho deciso di voler realizzare alcune opere con lei. Una seria di personaggi fantastici, modellati unendo argille diverse, cotti a 1060° e ricotti con gli ossidi. Questo è risultato della nostra collaborazione. Purtroppo mancano cinque personaggi che sono stati regalati e donati.

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Capitolo diciassettesimo – Giorni 25 e 26 – Ritorno al futuro –

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Sono in aeroporto e mentre attendo il volo che mi riporterà in Italia mi accorgo del ritardo di una settimana sugli aggiornamenti. Ho lasciato Gmunden, le mie opere, gli amici e un conto non saldato nella reception dell’hotel. Nei prossimi capitoli proverò a descrivervi gli ultimi giorni di quella che è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita. Ho ideato il mio progetto prevedendo la realizzazione di opere che restituissero il mio ricordo alla città; oggetti raccolti durante il percorso dall’hotel e poi riprodotti in fabbrica. Ci ho creduto, ho lavorato e sono spesso inciampato. Con una serenità indescrivibile ho deciso di andare avanti cambiando strada. Ho smesso di progettare, calcolare e aggiornare il blog. Ho capito di aver trascorso così tanto tempo nell’idea del dover lasciare qualcosa che ho dimenticato troppe cose per strada. Ho abbandonato qualsiasi aspettativa finale e ho vissuto ogni giorno al massimo.
Ho speso 200 euro per scappare da Gmunden e tornare in taxi, bevuto 3000 birre e consumato kilogrammi di argilla. Ho fumato il triplo del normale e sono crollato nel caldo di una camera di essiccazione. Ho dormito mediamente tre ore a giorno, mangiato kilogrammi di formaggi e spezie, sono rimasto bloccato in ascensore e ho ballato la break dance in posti improbabili. Ho fatto talmente tante cose che un giorno ho smesso di pensare in italiano, anzi ho smesso di pensare del tutto. Sono così arrivato alla fine. Ho presentato le opere alla giuria e cercato di spiegare quanti meno perché possibili. Nei prossimi paragrafi l’elenco di tutto quanto realizzato a Gmunden. Cominciamo con gli altorilievi. Ne ho realizzati in tutto sei, appiccicando su vecchi materiali ritrovati in fabbrica alcuni momenti della mia residenza. Purtroppo ne sono riuscito a fotografare quattro. Quello in alto si intitola “can you take us a picture?”, gli altri sono scritti sotto.

iwouldliketobelikeyouweb“I would like to be like you”, 30×25 cm.

 canyoupassmethecheese“Can you pass me the cheese?”, 40×40 cm
Iforgotthekey“I forgot the key”, 40×26 cm.

Capitolo sedicesimo – Giorni 23 e 24 – Giorgio Terracotta è tornato

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Il tempo stringe e le cose da fare aumentano. Bisogna prenotare i forni per le ultime cotture, ripulire gli spazi di lavoro, preparare la mostra e decidere i pezzi da esibire. Rispettando il mio stile sarò uno degli ultimi a terminare, abituato a rimandare a domani quello che avrei potuto fare ieri. Devo ancora aspettare opere che escono dal forno, smaltarle, dare il platino e preparare le cornici per i miei altorilievi. A tutto questo aggiungete la mia nuova collaborazione con Dorothea Klug. Cliccate qui per vedere le sue fantastiche opere. Fatelo veramente, ne vale la pena.
Insieme abbiamo deciso di realizzare una serie di personaggi mischiando stili e argille. Ci saranno uomini tartaruga, cigni nudi, delfini inghiottiti, conigli con i guantoni, lucertole volanti e tanto altro. Dovrete aspettare la prossima infornata. A proposito di forni, lunga vita all’apertura frontale e alla bassa temperatura.
Giorgio Terracotta is back.

Capitolo quindicesimo – Giorni 21 e 22 – Reality

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Grazie al Simposio di Gmunden mi trovo a condividere con altre nove persone che neanche conoscevo settimane intensissime. Come in un reality show ci siamo ritrovati a vivere, lavorare, pranzare e cenare in una fabbrica per venti ore al giorno, tempo necessario per far nascere e scatenare tutto quello che i peggiori grandi fratello ci hanno abituato ad amare. Dopo tre settimane iniziano a comparire simpatie, amicizie, litigi, pettegolezzi e turni per la cucina su tavolette magnetiche. Io non cucino, mangio tanto e penso di essere ingrassato un paio di kilogrammi. Colpa della birra, delle poche ore di sonno e delle tante d’insonnia. Quello che ho provato a fare qui a Gmunden è stato raccontare il mio percorso, affidandolo agli oggetti e agli altorilievi il compito di narrare tutte le mie avventure. Con l’esplosione molti altorilievi sono andati distrutti ma fortunatamente sono riuscito a recuperarli. Una miscela magica fatta di aceto, zucchero e argilla liquida mi ha permesso di unirli e cuocerli a 1160 gradi. La tenuta è stata strepitosa e ho trascorso una giornata intera a dipingere volti e vestiti. Per concluderli mi mancano due cotture, ho ancora tempo a disposizione e un sacco di sonno.

Capitolo quattordicesimo – Giorno 20 – La sedia –

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Vi presento la sedia, unica sopravissuta alle esplosioni dei giorni scorsi. L’ho realizzata la scorsa settimana e già da allora  ho compreso che non avevo una soluzione per spostarla. Da allora è ingonbrantemente al mio fianco a tempo indeterminato.
Ridotto lo spazio di lavoro ho aumentato il tempo di produzione. Ieri non appena risalito nel laboratorio ho trovato una piacevole sorpresa: Andrea mi ha fatto trovare un cilindro d’argilla da pressa svuotato e mi ha detto che avrei dovuto ricominciare dall’estintore.
Siamo rimasti in quattro fino alle quattro del mattino in fabbrica. Abbiamo mangiato, bevuto e lavorato. Ho rifatto l’estintore ed ho cucinato due tortillas. Oggi è un altro giorno, devo spostare la sedia e fare altre cose. A domani.

Capitolo tredicesimo – Giorni 17, 18 e 19 – Esplosioni –

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Sono arrivato al Simposio con tante paure, non conoscendo i materiali mi sentivo svantaggiato rispetto a chi la ceramica la studia o la insegna da una vita. Sono entrato in punta di piedi e grazie al mio modo di fare mi sono integrato in un gruppo che ha moltissime differenze culturali dalle mie. Differenze che possono essere accettate ma difficilmente comprese.
Ho lavorato al mio progetto e realizzato i miei pezzi.
Con una tempistica perfetta sono riuscito a modellare otto grandi oggetti e sei altorilievi alternandoli a birre, passeggiate e mangiate pesanti.
Ho così infornato quasi tutta la mia avventura a Gmunden in tre giorni differenti. I tre giorni trascorsi, quelli in cui sono mancato dal blog.
Per tre volte i miei lavori sono andati distrutti, affondati dalle esplosioni dei pezzi dei miei compagni di viaggio. Ci son rimasto male, anzi malissimo. Mi sono interrogato sul da farsi e su come. Ho pensato al gruppo e a Giorgio di Palma, a quello che mostrerò alla presentazione finale, vicina ormai pochi giorni. Davanti a una tazza di tè ho rivissuto le mie esperienze a Neumuster e Vizzini. Ho ricordato i miei lavori, le miei installazioni e soprattutto gli sguardi di chi ha condiviso con me quelle esperienze. Nei loro occhi ho lasciato sempre un ricordo e un messaggio più duraturo di qualsiasi ceramica cotta a qualsiasi temperatura. Per questo quando ho visto gli sguardi dispiaciuti dei miei amici ho perdonato e dimenticato tutto. Mi sono rialzato più forte e più convinto dei miei mezzi. Ho riaggiornato il blog e ripreso la ceramica. Il mio percorso ricomincia da qui. Con poco tempo a disposizione e con la consapevolezza di conoscere veramente la materia con cui lavoro. Perché senza averlo mai fatto, so come lavorare e cuocere questa argilla. Si riparte.

Capitolo dodicesimo – Giorno 16 – Con calma

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La mia produzione continua in maniera lenta e inesorabile. Un pezzo al giorno, alternando altorilievi a oggetti. Mischio argille, ascolto musica, lascio i pezzi nella camera di asciugatura, mangio pane e formaggio, accendo il forno, bevo tisane e aspetto nuove ispirazioni. Sto vivendo questa esperienza a Gmunden senza affanni, senza attendere il grande finale. Ho per la prima volta la possibilità di conoscere tecniche e piccoli segreti che fino a ieri ammiravo osservando i pezzi di quanti si confrontano quotidianamente con argille di questo tipo. Potrei cuocere in forni grandi come box auto e utilizzare innumerevoli sacchetti di argilla, ma procedo con calma. Ho trovato nella fabbrica un materasso gonfiabile di enormi dimensioni, dove vi trascorro ore pensando a cosa scrivere, ascoltando “Cara” di Lucio Dalla e sbrodolando il cuscino.
Sono abituato a lavorare il giusto, ad accendere il forno quando è pieno e a non sprecare argilla. Ecco perché anche se a volte mi sento lento, sono felicemente me stesso.
Il secondo oggetto che ho realizzato è una scopa. L’ho trovata appoggiata fuori un negozietto, vicino all’erboristeria, dietro l’hotel. Non l’ho rubata ma l’ho fotografata. Per la realizzazione ho utilizzato argilla bianca refrattaria, poi ingobbiata e cotta a 1200 gradi. Purtroppo l’effetto non mi ha ancora convinto e penso di riprovare a una temperatura superiore. Vi aggiornerò con calma, domani.

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Capitolo undicesimo – Giorno 15 – Pigiama di pile

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La scelta di portare il pigiama di pile non è stata delle migliori. Ho trascorso la notte spogliandomi e rivestendomi, abbracciando vecchi incubi e tenendoli stretti sul mio cuscino.
Cerco di esorcizzare le mie paure, quelle di sempre, nascondendomi dietro un cappello verde e affidando la mia difesa a un esercito d’animali d’argilla. Quella degli altorilievi è la mia produzione più intima, che realizzo quando sono da solo, quando ne ho bisogno. Per questo non la svendo, preferisco che le opere siano con me, a farmi compagnia, a difendermi. Qui a Gmunden realizzerò oggetti e altorilievi che caratterizzano questo mio percorso. Se non avete letto il progetto potrete farlo cliccando qui.
Ho così cercato vecchi ferri e tavole, insegne e tutto quanto possa ospitare i miei soliti personaggi. Mi sono immerso nei cassoni dei rifiuti industriali della fabbrica e tirato fuori un po’ di materiale. Sono poi risalito in studio, ho inserito le cuffie e affidato a “Hero” dei Family of the day la colonna sonora di “Can you pass me the cheese?”, primo altorilievo realizzato a Gmunden.
L’ho modellato con l’argilla rosa, bellissima perché cambia colore in base alla temperatura di cottura passando da viola a rosa, lilla, grigio e giallo.
P.s. La foto è stata fatta dagli organizzatori. Qui ce ne sono altre.

Capitolo decimo – Giorni 13 e 14 – Tonnellate d’argilla

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Cerco di ritagliarmi uno spazio per aggiornare il blog, impegnato nello smaltimento di quattro tonnellate d’argilla e ottanta litri di birra. Sto vivendo giornate intensissime: il lavoro si confonde con il divertimento, la colazione con il pranzo, le uscite pomeridiane si prolungano sino al mattino e il pranzo diventa cena. Mi rimangono cinque ore per dormire e quaranta minuti per passeggiare fino alla fabbrica. E nella Gmundner Keramik che ho preso il primo oggetto della serie che caratterizzerà questa mia residenza. E’ un estintore, realizzato utilizzando due tipi di argilla diversa: terraglia forte e argilla nera. Hanno ritiri e temperature di cottura differenti, questo potrebbe determinare rottura e conseguente abbandono del pezzo nel bidone dei rifiuti.
Ma sono qui, ho a disposizione quaranta tonnellate d’argilla e del tempo per sperare.

Capitolo nono – Giorni 11 e 12 – Test sui colori-

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E’ da un paio di giorni che abbiamo iniziato a lavorare seriamente. C’è chi in poco tempo ha già realizzato dei pezzi, chi sta testando e chi inizia a entrare in contatto con la materia. L’esperienza in Germania mi ha permesso di scoprire delle terre bellissime che questa volta spero di conoscere meglio soprattutto durante la smaltatura e la colorazione, fasi che contraddistinguono i miei lavori e che ad alta temperatura mi spaventano particolarmente. Dovrei iniziare i test sui colori, ma odio provare aspettando risposte che non so mai se mi convinceranno. Mi sono creato degli ingobbi colorati e li ho applicati su dei matitoni giganti che ho realizzato. Ho segnato tutto su un foglio di carta e infornato a 1100 gradi. Questo è il risultato del mio test sui colori ma devo aspettare l’esito della seconda cottura per giudicarne intensità e lucentezza. Vedremo.

Capitolo ottavo – Giorni 9 e 10 – I partecipanti

Condividerò questa esperienza con nove artisti provenienti da diverse parti del mondo. Per questo, prima di iniziare, mi piacerebbe presentare il gruppo. Ognuno ha uno proprio stile, un proprio modo di lavorare e un approccio differente alla materia. Le foto che troverete di seguito sono state scattate da Eva, una delle organizzatrici del Keramik symposium di Gmunden. Potete seguire la pagina facebook cliccando qui.

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Eva Pelechová

Età: 31
Provenienza: Repubblica Ceca.
Note: Sa camminare come la bimba dell’esorcista e dice sempre tiriri e tarara.
Lavora al negativo. Realizza delle grandi forme di gesso utilizzando gli scarti di altri stampi nei quai fa delle colate di porcellana liquida.

Andreas Vormayr
Età: 29
Provenienza: Austria
Note: Possiede un fucile ad aria compressa ad altissima precisione e ascolta sempre tecno ad alto volume.
Sta realizzando monoliti d’argilla bianca alti più di due metri dove sottrae o aggiunge materia.

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Eva Roucka
Età: 64
Provenienza: Repubblica Ceca
Note: Viaggia sempre con un cane pelosissimo nero e si sposta su un monopattino.
Realizza grandi sculture cotte ad alta temperatura, utilizzando differenti tipi di argilla, smalti e ossidi.

Kim Sangwoo
Età: 34
Provenienza: Svizzera
Note: Kim non è il nome ma il cognome. Lava sempre i denti prima di iniziare a lavorare per essere pulito nella creazione.
E’ alla continua ricerca della forma perfetta. Le sue opere sono grandissime e tecnicamente curate in ogni fase della realizzazione.

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Giovanni Ruggiero
Età: 44
Provenienza: Italia
Note: Cucina da Dio, fa spesso footing e fuma il sigaro toscano.
Lavora non solo la ceramica ma tantissimi materiali. Cerca di superarsi nella realizzazione di lastre sempre più grandi e sottili su cui applica o sottrare argilla per “disegnare” mondi da scoprire.

Heidrun Weiler
Età: 40
Provenienza: Austria
Note:  Ha una bambina piccola e insieme al marito vivono vicino Gmunden
Sta realizzando una serie di sassi in ceramica cotti ad alta temperatura che saranno tutti ospitati all’interno di un altro grande sasso cotto a bassa temperatura. Con il tempo il grande sasso si romperà e lascerà spazio a tutti gli altri.

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Anna Dorothea Klug
Età: 31
Provenienza: Germania
Note: E’ accompagnata da Nico, il suo ragazzo-pittore, e dalla piccola figlia Oda. E’ fissata per le presentazioni e si spaventa facilmente.
Le sue sono sculture misteriosamente affascinanti realizzate in grandi dimensioni utilizzando diverse argille e ingobbi, cotte a differenti temperature.

Janos Fischer
Età: 61
Provenienza: Germania
Note: Sempre rilassatissimo, indossa spesso pantaloni larghi e bretelle.
Ha lavorato con differenti materiali ma mai con la ceramica. Per la prima volta si sta confrontando con questo materiale realizzando sculture partendo da monoblocchi d’argilla.

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Sofie Norsteng
Età: 34
Provenienza: Norvegia
Note: Non mangia carne rossa, fuma tabacco senza filtri ed ha una grandissima vitalità.
Sta realizzando opere informi, con argille diverse cotte ad altissima temperatura.

E infine ci sono io, Giorgio di Palma
Età: 34
Provenienza: Grottaglie, Italia
Note: A Gmunden ho bevuto tre litri di zuppa in un solo giorno

 

Capitolo settimo – Giorno 8 – Il progetto

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Aggiorno il blog seduto su una panchina che si affaccia sul fiume.
Il rumore dell’acqua scandisce il tempo, le piccole case sono disposte in maniera ordinata e assumo la consapevolezza di trovarmi in uno dei posti dove ho sempre sognato di vivere. La tranquillità di questa cittadina e la ciclicità delle sue abitudini sono qualcosa che mi attrae ma che al tempo stesso mi spaventa.
Cambio spesso la strada che mi permette di raggiungere la Gmundener Keramik.  Costeggio il lago e il cimitero o taglio per stradine fatte di piccole case colorate e semplici negozietti.
Nella fabbrica la musica dei Beirut è sovrastata dal suono di piatti che si accatastano, di aria compressa che spara regolare e di frullatori giganti che mescolano smalti.
Raggiungere la mia postazione significa attraversare un mondo di operai che ripetono per ore, ogni giorno, da una vita, movimenti che gli permettono di ottenere medesimi risultati.
Li osservo confondersi nel grigio e nel bianco di un labirinto a tre piani fatto di forme e stampi sempre identici.
Nessuno parla inglese e ci scambiamo spesso un sorriso o un gradevole Guten Morgen.
Penso a questa gente, a cosa si provi a vivere una vita fatta di ripetizioni in una cittadina assolutamente perfetta. Cosa significhi per loro evadere e quanto bisogno abbiano di cambiare. Penso a me, a quanto mi soffochi l’idea del non cercare, dello stare fermo in un posto fino a sprofondarci.
Ed è proprio adesso, mentre sono fermo su una panchina da un’ora, mentre un uccellino dall’alto caca il mio nuovo macbook che decido il mio nuovo progetto.
Potrei fare tantissimo qui a Gmunden, ne ho i mezzi e forse anche le capacità. Potrei giocare a fare il gigante e lo scienziato, ma non sarei me stesso.
Io sarò quello che mi offrirà Gmunden, per i prossimi dieci giorni, durante il cammino che mi condurrà alla fabbrica e nei piccoli gesti che caratterizzeranno le mie giornate.
Nell’ordine, nella pulizia assoluta cercherò qualcosa di futile o magari fuori dall’ordinario da creare in ceramica. Ogni giorno, durante i cinque chilometri che mi porteranno alla fabbrica raccoglierò un oggetto da riprodurre e poi ricollocare per strada, nello stesso posto dove lo avrò raccolto.
Per i prossimi giorni nei piccoli gesti e nelle abitudini troveranno spazio i miei personaggi, a volte insicuri, a volte melanconici, a volte buffi.
Questa sarà la storia di un percorso. Un percorso lungo 10 giorni e 50 chilometri. Un percorso che non vuole cambiare o modificare la storia, ma solo e semplicemente raccontarla.

Capitolo sesto – Giorni 6 e 7 – Gmunden

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Prima della mia partenza ho cercato informazioni su Gmunden. Grazie alle immagini di google mi ero creato un’immagine virtuale di quello che questa piccola cittadina austriaca mi avrebbe regalato: un lago, un edificio che sembra galleggiare, un fiume, tante montagne e tanti tram rosso/bianco. Wikipedia poi ha aggiunto che Gmunden conta circa quindicimila abitanti, che ha dato i natali a Conchita Wurst (cliccate qui) e che è la più piccola città al mondo fornita di un servizio di tram. Ecco svelato il motivo delle ricorrenti foto dei questi mezzi rosso/bianco.
E’ trascorsa una settimana dal mio arrivo e posso dire di aver visto tutto quello che mi ero prefigurato. Tutto tranne Conchta Wurst e l’edificio galleggiante. Aprendo la mattina la finestra ho una magnifica vista su lago e sulle montagne; per raggiungere la fabbrica allungo di kilometri e ore pur di attraversare il lago, costeggiare il limpidissimo fiume e perdermi silenzio di una natura incredibilmente verde. E’ uno dei pochi posti in cui mi è capitato spesso di staccare gli occhi dal cellulare per osservare e vedere quello che mi circonda. Disattivando il roaming ho scoperto qualcosa di veramente attraente in questa cittadina. Un qualcosa che vorrei comprendere e che sarà la base del mio prossimo progetto. Un progetto a cui dovrò lavorare da domani.

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Capitolo quinto – giorno 5 – Lo spazio di lavoro

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Possiamo iniziare. Io e gli altri ospiti lavoreremo insieme in un immenso stanzone pieno di luce dove ognuno avrà spazio per realizzare i propri lavori. Avremo una scrivania con un piano di granito, un essiccatoio, tantissima argilla e tanti colori. Ci sono spogliatoi e armadietti, una spianatrice per fare le lastre e due forni elettrici per cuocere ad alta temperatura. Tutte le altre cose le prenderemo nel resto della fabbrica.
Non ci sono smalti e nemmeno ingobbi.
Dovrò realizzarli, quindi dovrò cominciare a fare dei test, cosa che ho sempre odiato. Purtroppo, come al mio solito, ho dimenticato in studio tutti i piccoli attrezzi da lavoro, stecche e tutto il resto che non so come si chiama.
Saremo assistiti di Hans Fischer, un tipo in gamba, un intelligente ceramista (o artista) che ha vissuto per un periodo in Italia. Potete guardare il suo sito aggiornato l’ultima volta nel 1998 cliccando qui.
Tornando al lavoro, oggi, mentre gli altri hanno iniziato a produrre, più per imbarazzo che per altro ho preferito organizzare il mio spazio e andare in un ipermercato a comprare qualcosa. Vi consiglio di non acquistare mai i bicchieri di plastica in Austria, sono tanto rari quanto costosi. Ho girato un ora per pagare quattro euro venticinque bicchieri. Salute.

Capitolo quarto – Giorno 4 – La fabbrica

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Vi presento la Gmunder Keramik, ovvero la più grande fabbrica di ceramica d’Europa. Qui ci lavorano circa centotrenta operai e si producono annualmente settecentomila pezzi, tra piatti e altre stoviglierie. Si lavora un solo tipo di argilla bianca cotta a 1060 grandi, poi smaltata, decorata e ricotta. Quasi tutti i processi sono meccanici, ci sono presse, trafile ad aria compressa, macchinari che smaltano e macchine che asciugano. La decorazione è fatta a mano, ma in maniera velocissima. Ci sono poi forni grandissimi e un intero settore per il controllo qualità. Ogni oggetto è accuratamente revisionato e anche per un minuscolo difetto scartato. Per questa ragione il prezzo al pubblico di un piatto è dieci volte superiore rispetto a quello grottagliese.
L’azienda è uno degli sponsor e organizzatori del simposio. Ci offrirà spazi, metterà a disposizione macchinari e tutto quello di cui avremo bisogno durante questo mese. Un altro sponsor ha fornito sei tonnellate di argilla. Sei tonnellate, avete letto bene. Potremo utilizzare argilla bianca, rossa o nera. Quasi tutte refrattarie, tutte che cuociono ad alta o altissima temperatura. Ci risiamo. Come tre anni fa a Neumunster.

Capitolo terzo – Giorno 3 – La presentazione

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E così, alle ore 19.00 presso Museumplatz, c’è la stata la presentazione dei partecipanti al Keramik symposium di Gmunden del 2015.
Saremo in tutto dieci persone di differente età e provenienza. Ognuno con un proprio stile ed un approccio diverso alla materia. Qualcuno anche accompagnato da bambini e cani. Ad introdurci al pubblico è stato il sindaco che, in abiti tradizionali, ha parlato in tedesco per una decina di minuti. Poi c’era la traduttrice e tutti gli organizzatori dell’evento. C’era anche un gruppo musicale invitato apposta. Sono sempre un po’ imbarazzato da queste grandi accoglienze tipiche dei paesi nordici, ma tutto sommato, vedendo le foto, non lo sembro tantissimo. Dopo le presentazioni ufficiali abbiamo mangiato, bevuto, rimangiato e ribevuto. Poi siamo andati in hotel. Al keramik hotel di Gmunden ognuno di noi avrà la sua camera durante la residenza. Io ho la stanza n. 20, secondo piano, letto matrimoniale e vista sul lago. E’ andata benone, diciamoci la verità. Se volete altre foto cliccate qui.
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Capitolo secondo – Giorno 2 – Il viaggio

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Raggiungere Gmunden è stato semplice e interminabile. In poche ore sono passato dalla macchina all’aereo e dall’aereo al treno passando per un furgone. Se vorreste raggiungermi la via più semplice da seguire è la seguente:
1) Grottaglie-Brindisi,
2) Brindisi-Roma,
3) Roma-Vienna,
4) Vienna aeroporto-Vienna Mitte,
5) Vienna Mitte- Vienna Westbahnof,
6) Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim,
7) Attnang Puchheim- Gmunden.
Premesso questo potrei dedicare alcune righe all’Alitalia, o alle ferrovie austriache o ancora alla pulizia dei bagni aereportuali viennesi, ma non ne ho voglia. Vi parlerò della tratta Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim.
Pochi giorni prima della partenza avevo pensato di dedicare questo mio progetto alle migrazioni. Sono italiano, ho un legame particolare con Budapest e stavo per trascorrere un mese in Austria. Perfetto, avrei raccontato attraverso la ceramica le storie di quanti, in questo periodo, partono da Siria, Afganistan, Somalia o Iraq  per cercare un futuro migliore in Europa. Ho pensato di tornare a Budapest e partire con i migranti verso la Germania, ascoltare le loro storie e trasformarle in oggetti o bassorilievi. Ne ero convinto. Poi sono arrivato a Vienna e mentre aspettavo il treno per Attnang Puchheim (tappa n. 6) sono passati davanti a me una cinquantina di profughi (donne, uomini, bambini) tartassati da flash e scortati dalla polizia. Sono stati fatti salire sul mio stesso treno ed isolati su due vagoni.
Ho pensato che la fortuna mi avesse baciato e che quello sarebbe stato il momento giusto per raccogliere le informazioni che cercavo. Avrei trascorso due ore con loro, mi sarei fatto regalare da tutti un oggetto e lo avrei riprodotto in ceramica. Ho così preso i bagagli e mi sono avvicinato ai loro vagoni, gli unici stracolmi in un treno quasi vuoto.
Li ho attraversati nell’indifferenza totale fino a quando un ragazzo mi ha fermato ed invitato a sedermi. Mi ha ceduto il suo posto e così ho trascorso il mio viaggio Vienna Westbahnof- Attnang Puchheim in compagnia di Alì e altri ragazzi che non ricordo il nome. Erano miei coetanei, uno era laureato, uno era ex militare, a uno li puzzavano i piedi e un altro riprendeva con il cellulare il verde della campagna austriaca. Mi hanno detto che erano iracheni, al contrario della maggioranza che erano siriani. Si stavano dirigendo a Monaco per poi decidere cosa fare.  Si erano conosciuti pochi minuti prima. Tutti avevano pochi vestiti, un po’ di soldi e tantissimo da raccontare. Erano partiti dall’Iraq, avevano attraversato la Turchia e poi si erano imbarcati su un barcone per la Grecia. Avevano rischiato la vita per raggiungere la Macedonia. Al confine tra la Macedonia e la Serbia c’era una fila di circa 20000 profughi che attendeva di entrare. Poi sono andati in Serbia e dalla Serbia in Ungheria. L’entrata in Ungheria è costata ad ognuno di loro circa 1200 euro e che a Budapest la situazione è disastrosa. Fortunatamente sono poi riusciti ad arrivare in Austria da dove avrebbero potuto raggiungere la Germania. Durante il viaggio mi hanno offerto cibo, caffè e sigarette macedoni. Sono stato benissimo con loro e ho spiegato cosa avrei voluto fare. Hanno preso una busta e iniziato a raccogliere alcune piccole cose: un bracciale, un paio di calzini (penso del ragazzo a cui puzzavano i piedi), un paio di fiorini ed una foto.
Poi ci siamo fermati in una stazione di una grande cittadina dove siamo stati assaliti da un gruppo di volontari in giacche fluorescenti che carichi di buone intenzioni ci hanno caricato lanciandoci addosso buste con banane, panini e cioccolatini. Non potevano mancare flash e fotografi.
A quel punto mi sono sentito stranito. Mi sono chiesto cosa significhi aiuto. Mi sono chiesto se fosse stato giusto chiedergli una foto o un oggetto. Mi sono chiesto se effettivamente li avrei aiutati. Ho capito che loro vogliono solo fuggire da una situazione un po’ più di merda della nostra. E lo fanno rischiando la vita. Non hanno bisogno né della mia compassione né del mio portafogli. Figuriamoci di banane, flash e progetti di Giorgio di Palma. Ho così deciso che non gli avrei chiesto niente. Ho lasciato la busta, ho preso i miei bagagli, ci siamo abbracciati e poi salutati.  Uno mi ha detto “God Bless you!”.
Ho lasciato i vagoni stracolmi e mi sono diretto verso il resto del treno vuoto. Ho così raggiunto Attnang Puchheim e poi Gmunden. Sono arrivato. Non ho più un idea per la mia residenza e stasera ho la presentazione. A domani…

Capitolo Primo – Giorno 1 – La partenza

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Sono rimasto parcheggiato per mesi al sole, con il cofano stracolmo di birre, la carrozzeria ammaccata e il carburatore intasato da pizze e patatine fritte.
Poi una spinta mi ha rimesso in moto, lanciato sul volo AZ 1620 e trasportato in Austria.
Ora, mentre sono nella Westbahnhof di Vienna, in attesa del treno che mi condurrà a Gmunden, mi preparo per una nuova avventura targata 29 giorni.
A farmi compagnia poche canzoni trasmesse in loop, un bagaglio preparato alla rinfusa, un vecchio sketchbook e un nuovo macbook, una vecchia macchina fotografica e la mia foto più recente.
Tutto il necessario per partecipare al Keramiksymposium (cliccate qui) e tornare a raccontare qualcosa di non ancora collaudato, da poter condividere a puntate e suddividere in capitoli.
Per più di un mese mi troverete qui, a questo indirizzo virtuale, tra pezzi d’argilla e righe sgrammaticate.
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