Capitolo quattordicesimo – Giorni 23 e 24 – La strada –

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L’ultima apertura del forno ha sentenziato definitivamente la conclusione della mia fase produttiva. Inizialmente avevo calcolato di realizzare sette installazioni, ma dovrò accontentarmi di sei.
Motivi di tempo mi hanno costretto ad azzardare la cottura di un pezzo non ancora asciutto, scatenando l’ira di Madre ceramica che ha fatto esplodere “la coppola”. Ebbene si, avevo modellato una bellissima coppola siciliana, di cui ne andavamo fieri sia io che tutta la compagnia dell’asparago. Ma ora è il momento di installare, montare i pezzi per strada. Lo farò in un paio di giorni, prima della presentazione. Queste che vedete sono il risultato del primo giorno , su e giù dal cestello. Palloncini, sigarette e pallone da calcio.

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Capitolo tredicesimo – Giorni 21 e 22 – Time out –

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E’ Domenica. Ascolto Allo Darlin’ (clicca qui), colonna sonora di questa mia avventura, e  starnutisco pollini e microbi. Cammino per le strade di Vizzini selezionando  angoli  e contando i giorni restanti. E’ arrivato il momento di terminare la produzione e concentrarmi sulla finalizzazione delle opere. La mia ultima installazione sarà composta da tanti mozziconi di sigaretta. Non è un opera educativa, ma non sono venuto qui con la presunzione di educare. Ho cercato di documentare i diversi modi di trascorrere il tempo e le sigarette accompagnano discorsi, riflessioni, birre e tanti, tantissimi momenti. Ho cinesizzato alcuni ragazzi, allontanati per circa 30 minuti da eventuali sigarette reali e coinvolti nella decorazione dei mozziconi.
Domani inizierò a installare le opere in città e mercoledì ci sarà la presentazione. Ci siamo. Voi ci sarete, vero?

Capitolo dodicesimo – Giorni 19 e 20 – Palla al centro –

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Volevo raccontarvi la storia di Gianbattista, o Noemi o Martina o i due Francesco. Piccoli ragazzini che qui, come in tutto il mondo, si divertono a fare le capriole e a rincorrersi. Piccoli ragazzini con uno splendido sorriso a cui non importano tanto le condizioni del campetto quanto la presenza di qualcuno con cui giocare.
Poi ho ricevuto una lettera che mi ha commosso. Una lettera che mi ha fatto capire che la mia partita a Vizzini non la sto giocando da solo ma insieme ad una squadra incredibile, composta da persone che hanno preso a cuore me e il mio progetto.
Una squadra fatta di grandi e piccoli che mi chiedono:
“Cosa facciamo oggi?”
“Come possiamo aiutarti?”
“Come possiamo fare per…?”
E’ per questo che il pallone lo dedico a tutta la mia squadra, a me basta una lettera per farmi capire di aver vinto.
Grazie ragazzi, vi voglio bene, peccato non essere qui della sagra della ricotta, sarei stato una perfetta vittima sacrificale durante lo spettacolo di break dance.

 

 

Capitolo undicesimo – Giorni 17 e 18 – Barbapapà ce la farà?

palloncini1web2Quando ho deciso di lavorare a un progetto sul tempo (clicca qui) sapevo già che avrei realizzato un’ installazione con i palloncini.
Presentandoveli avrei trovato validissimi motivi per giustificarne la presenza. Avrei parlato della fugacità del tempo, della volontà di rendere eterno un attimo e di voler premere << nel registratore dei ricordi. Sarei stato convincente, emozionante ma forse patetico.
Con questo progetto vorrei andare oltre,  utilizzare  ogni installazione per  raccontare storie di questa città. E’ per questo che ho scelto di lavorare per strada, nei circoli, nei parchi, nel centro giovanile e sulle panchine. Per ascoltare delle storie, per far interagire tutti i cittadini e per rendere partecipe tutta la comunità di un progetto che non è di Giorgio di Palma, non è di I-art, ma è loro, solamente loro.
Per questa ragione mi mancava il collegamento umano con i palloncini. Un collegamento che ho cercato inutilmente per una settimana tra negozi ed edicole. Poi all’improvviso, quando meno me l’aspettavo un improbabile visione mi ha fatto cambiare strada, ritardare un appuntamento, spendere tre euro e cancellare un post intero.
Un signore è apparso davanti ai miei occhi con in mano una quindicina di palloncini a forma di cavalluccio, cars, barbapapà ed elicottero. Ero in macchina con Marilisa, la mia referente culturale, e il signor Michele, scomodamente seduto dietro. Sono sceso e ho fatto poche domande. Quel timido uomo mi ha dato pochissime risposte. Non ricordo il suo nome ma so che viene da Siracusa. E’ a Vizzini da pochi giorni e vende i palloncini a quattro euro. Non riesco a capire per quale motivo una persona scelga di venire a vendere palloncini a Vizzini in un occasione che non sia un evento. Ho provato a chiederglielo ma ho capito che non avrei capito. Ho offerto tre euro per Barbapapà e me lo sono aggiudicato. Sono risalito in macchina e insieme a Marilisa siamo andati al Comune per incontrare con trenta minuti di ritardo la mia referente comunale e il Sindaco. Abbiamo donato loro Barbapapà e parlato del progetto. Abbiamo scelto i posti per le installazioni e ottenuto risultati insperati. Non so se rivedrò quell’uomo passato da Vizzini con una quindicina di palloncini e senza alcun perchè.
La mia installazione sarà per questo composta da una quindicina di palloncini di dimensioni e colori differenti. Li ho realizzati a Caltagirone con l’aiuto di Enzo, un torniante che spacca  i culi, e dell’Istituto d’Arte.
A proposito dell’Istituto d’Arte, oggi anche qui si chiama Liceo Artistico ed è stato accorpato ad un edificio scolastico di un comune vicino.
In questa scuola ho conosciuto Stefano, il vicepreside che mi ha spalancato le porte, il prof. Delfino, che mi ha aiutato nella fase di smaltatura, il prof. di tecnologia, che mi ha riaccompagnato fino in stazione e tanti assistenti.
Non ero mai stato in un Istituto d’Arte prima di ieri. Avevo rinunciato per scelta venti anni fa per non avere mio padre come professore e da allora non ne ho mai più avuto occasione. Ora che ho visto come funziona vorrei fare un plauso a quanti, nonostante le mille difficoltà, oggi come ieri, a Caltagirone come a Grottaglie, si sbattono e si sono sbattuti per aiutare i ragazzi a realizzare qualcosa. Grazie prof. di Caltagirone per avermi aiutato a realizzare i palloncini e grazie prof. Di Palma per avermi aiutato a realizzare quello che ho. Auguri, anche se in anticipo di quattro giorni, per il tuo compleanno.
P.s. Speriamo cu no crolla lu furno.

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Capitolo decimo – giorni 15 e 16 – Con i coni –

coni3Pensavo di essere abbastanza isolato per non essere scoperto dall’allergia, ma non è così. Tramortito da una serie di venticinque starnuti consecutivi mi rifugio nella mia batcaverna, localizzata a 37°09’42.2″N 14°45’27.8″E.
E’ il centro giovanile di Vizzini dove dal Lunedì al Venerdì molti ragazzi e adulti della città si riuniscono per frequentare corsi e condividere progetti. Ci sono due impiegati comunali che dovrebbero solo aprire e chiudere, ma si  sbattono per far funzionare il centro. Li ho visti prendere il telefono e aiutarmi, accompagnarmi a Caltagirone, lavare a terra, svuotarmi una stanza e prestarmi cappellini. Io li chiamo i responsabili del centro, ma sia Rosanna che Mario mi rispondono con un codice identificativo professionale.
C’è poi Sonia, trasferitasi per amore dalla Svizzera a Vizzini. Lei fa tutto e solo per la gloria. Coinvolge il gruppo con mille attività, dalla ceramica alla cartapesta passando per la decorazione su vetro. E’ al fianco di ragazzi abilissimi e vicina ad altri diversamente abilissimi. L’ho vista emozionarsi aprendo un forno e commuoversi per la salute di qualcuno.
C’è poi Franchina, che urla e telefona in continuazione. Ci sono Pizza che ama la break dance e Marco che vorrebbe fare il parrucchiere. C’è Benedetto che la mattina fa volantinaggio e Gianbattista che fa la quarta elementare. Ci sono Giusy la ceramista mancata e più di un Francesco. Ci sono anche Mirko che si prepara per un video e la sua fidanzata che è fan di qualcosa di strano.
Ce ne sono tantissimi altri di cui non ricordo i nomi ma con cui ho avuto il piacere di collaborare. Insieme faremo un installazione di gelati, tantissimi gelati, da collocare in città. Per ora abbiamo realizzato i coni.
Vi lascio con un piccolo video. Mi scuso in anticipo per aver deluso voi ma soprattutto le aspettative dei ragazzi che non immaginavano questa immonda cacata.
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Capitolo nove – Giorni 13 e 14 – L’articolo e il leone –

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Eccomi. Mi è stato dedicato un articolo sul sito di informazione locale, cliccate qui. Sto così vivendo il mio momento di celebrità vizzinese. In molti mi hanno detto: “Ho visto che sei su infovizzini. Complimenti”.
La prima ad avvisarmi è stata Lisa, poi il barista di fiducia e via via molti conoscenti del centro giovanile. Alla fine mi sono sentito osservato, soprattutto quando sono andato a comprare la tisana digestiva.
Ora che tutti mi conoscono potrò  aspettare che mi venga chiesto: “Beh, come procede?”, offrire birre e dire: “Scusate devo andare. Devo raggiungere un amico. Devo raggiungere Pantofola”.
Chi è Pantofola?
Pantofola è stato il primo a notarmi in paese, prima che mi presentassi o che un articolo mi introducesse.
E’ successo il giorno del mio arrivo, mentre ero seduto nel parco in attesa di qualche segnale dalla 3.
Da lontano vidi arrivare un cagnone bianco e marrone che senza titubanze si accomodò al mio fianco. Quel pomeriggio lo accarezzai parecchio, forse per più di un’ora.
Da quel giorno lo incontro spesso, sempre più sporco e sempre più zoppo.
Lo chiamo Pantofola perchè è spesso stanco e seduto, ma si chiama diversamente.
Al collo ha una medaglia a forma di cuore con inciso “Leone. Città di Vizzini (CT)“.
Il parroco mi ha raccontato che Leone è solito andare a messa, seguire le processioni e mangiare wurstel. E’ un tipo abitudinario ma perfettamente integrato nella comunità. Ho provato a chiedere altre informazioni sul suo conto, ma pochi hanno saputo aggiungere dettagli. So che trascorre molto tempo in piazza, oppure vicino la macelleria, quella dietro la Chiesa, accanto al parrucchiere.
Oggi mi sono promesso di fargli un regalo invitandolo a pranzo. Purtroppo è Domenica e tutti gli alimentari sono chiusi. Ho deciso allora di offrirgli mezzo pollo allo spiedo, ma ha rifiutato. Ho pensato a quello che mi aveva detto il parroco, ovvero che Leone mangia solo wurstel. Cocciutamente ho preso un pezzettino di pollo e l’ho avvicinato al muso.
Lo ha mangiato per educazione. Così ha fatto con il secondo pezzettino e con il terzo. Poi l’ho visto alzarsi e allontanarsi un pochettino. L’ho chiamato e lui ha vomitato. C’erano tre pezzettini di pollo allo spiedo e circa dodici wurstel interi. Aveva ragione il parroco. Sono tornato a casa e mi sono messo al lavoro. Questi wurstel sono per Leone, che sa cosa fare e dove andare. Ogni giorno.

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Capitolo ottavo – Giorno 12 – Asso di bastoni –

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Il mio progetto ha inizio. Mi aggiro per le strade di Vizzini con uno zaino in spalla e un cappellino verde in testa. Ho con me un  po’ d’argilla e una macchina fotografica. Di solito mi accompagna Lisa, che qui conosce tutti e sa come presentarmi. Lei mi introduce e io chiedo alla gente di aiutarmi nel realizzare delle opere che lascerò per strada. Mentre interagiscono faccio delle domande sulla loro vita e sul posto in cui ci troviamo.
Siamo nel Circolo della Società Operaia. Il posto è imponente e a risaltare ai miei occhi sono antichi mattoni in cementina e i soffitti alti. Intorno a un importante tavolo in legno massiccio sono seduti una decina di uomini anziani che leggono intenti dei quotidiani, nessuno sembra interessarsi a me. Di fronte a loro, su un divanetto in pelle nera, c’è Raimondo. Gli chiedo di aiutarmi e lui accetta. Essendo in un circolo ho pensato di realizzare un mazzo di carte, ma di carte ne conto solo quaranta, le mie.
Raimondo è un imbianchino, è disponibilissimo e nonostante la miopia realizza la sua carta, diventerà un asso di bastoni. Non c’è un motivo particolare per la scelta, è la prima che ha notato sul tavolo. A Raimondo delle carte non importa molto. Lui, in questo circolo, si diverte a biliardo. Io lancio la sfida e mi conduce in una stanza attigua. Qui si fa sul serio, qui si organizzano tornei che coinvolgono i paesi limitrofi. C’è una sala con biliardo professionale e due segnapunti: uno elettronico e uno manuale. Per evitare di vedermi bloccato manualmente ed elettronicamente a zero abbandono e saluto Raimondo. Riprendo il mazzo e penso quanto sia strano che nessuno giochi a carte, che forse la mia installazione sia fuori contesto. Poi Lisa apre una porta che non avevo notato. Una stanza meno imponente è colma di persone che giocano a carte. Nessuno vuole interagire, ci sono troppe stoppe da ultimare. Io, invece, devo continuare, devo andare al Circolo Verga.
Al suo ingresso c’è Biagio, alto 155 cm e capelli bianchissimi. Entusiasta mi porta in giro in questo monumentale edificio che un tempo fu un convento. Ci sono lampadari in vetro e un atrio mozzafiato. Ha in mano una lettera, è la ricevuta di 28 euro della pensione che ogni mese riceve per aver lavorato un anno e mezzo in Svizzera. Il resto della pensione è il ricavato di anni trascorsi nel corpo forestale.
Finalmente arriviamo nella stanza che cerco, arredata con tavolini bianchi e sedie blu scamosciate.
Qui i soci giocano a carte e tifano Catania. Il presidente è un giovane farmacista, il tesoriere poco più che trentenne ed io ho trovato il posto per la domenica. Al momento la stanza è vuota, si riempirà nel pomeriggio. Quando torno sono le 15.30. Mi hanno riservato un tavolino dove potrò lavorare. Di fronte a me quattro persone giocano a scopone, altre due a trecento. Si ride parecchio, alcuni interagiscono e altri si innervosiscono per la fortuna dell’avversario. Vorrei restare, realizzare qui le quaranta carte ma devo andare. Saluto Biagio e ci diamo appuntamento per la proiezione della partita del Sabato. Lui tifa Catania, al secondo posto Juve. Io tifo fantacalcio.
Nei prossimi giorni ho partite da biliardo e videoproiezioni da seguire.

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Capitolo settimo – Giorno 11 – Lo studio –

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Per realizzare il mio progetto, oltre a lavorare intensamente, avrò bisogno dei materiali e di un forno.
Chi conosce la ceramica sa che per poter ultimare dei pezzi c’è bisogno di tempo e spazio.
Io qui a Vizzini avrò tempo ristretto e spazio in abbondanza, quindici giorni, un forno piccolo e una stanza tutta per me.
Purtroppo il mio problema più grande consiste nel recupero dei materiali. Non ho attrezzature, smalti, argille, ingobbi e terzi fuochi. Per poter lavorare sarò costretto a raggiungere spesso Caltagirone. Conoscendo i tempi della burocrazia aspettare la risposta del Comune o della Regione significherebbe invecchiare con un ulcera.
Per questo ho deciso di iniziare in maniera indipendente. A piedi e in bus ho trasportato per 45 km un sacchetto da 25 kg di argilla. Ho scherzato con l’autista, bestemmiato, inveito e sudato. Ho raggiunto poi lo spazio giovani, sede del mio temporaneo studio.
Ho parlato con responsabili e ragazzi delle mie difficoltà. Ho spiegato chi sono e cosa vorrei fare. Potrò contare sul loro supporto.
Ho ricevuto anche una chiamata dalla mia responsabile culturale. Mi ha detto che le è piaciuto molto il progetto e che mi supporterà attivamente.
Oggi sono qui, contento per i miei 25 kg di argilla, per il supporto ma sopratutto perchè ho una lavagna tutta per me. Ho sempre sognato di fare il fico appuntandoci idee e schemi.

Capitolo sesto – Giorni 8, 9, 10 – Le vacanze –

pasqua1webPer alcuni giorni mi sono assentato dal blog per essere presente in diverse città della Sicilia. Devo ringraziare i miei amici arrivati in macchina dalla Puglia che, nonostante difficoltà e paranoie, sono riusciti a raggiungermi.
Il prof. Saverio, Totore Barbanera e Palo c’è, contro ogni pronostico via michelin, hanno impiegato 12 ore per percorrere 600 km. A Catania il gruppo si è ampliato con la presenza dell’ ibernato Lucio. Insieme, in poco più di due giorni, abbiamo visitato Catania, Vizzini, Noto, Isola delle Correnti, Siracusa, Caltagirone, Scoglitti, Modica e Ragusa.  Insieme, in poco più di due giorni abbiamo assunto 62000 kcl*, camminato per 32,6 km** e dormito un totale di 11 ore***.
In questa parte della Sicilia basta spostarsi di pochi chilometri per notare un cambiamento radicale di colori, architettura, gente e strade. La pietra lavica che lascia il posto al tufo, la movida alla desolazione, i piatti di pesce alla ricotta.
Qui c’è tutto basta saper scegliere, oppure fate come abbiamo fatto noi.
Girate a caso, abbandonate guide e convinzioni e affidatevi all’incertezza.
Salirete 3000 scalini, mangerete cose che in realtà non volevate, russerete senza dormire, guiderete per km su strade non segnalate e perderete bus. Ma credetemi, vi divertirete tanto  e collezionerete splendide calamite di cannoli e arancini, oltre che una imbarazzante collezione di foto in posa.

*Dati individuali calcolati su girovita medio.
** Dati Moves
*** Dati prof. Liuzzi
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Capitolo quinto – Giorni 6 e 7 – Il progetto –

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Sono a Vizzini da quattro giorni. Una casa senza frigo, tv e internet mi ha portato a trascorrere molto tempo fuori.
Ho conosciuto la mia responsabile,  il Sindaco e quasi tutta la giunta comunale.
Ho chiacchierato con uno scrittore che dice di conoscere tutta la storia della città e con un ragazzo che afferma che non legge libri perchè la storia la scrive la vita.
Ho passeggiato per ore con chi per questa città farebbe di tutto e sono stato seduto con chi in questa città non fa niente.
Ho mangiato un panino sotto una casa abbandonata ed ho parlato di asparagi con vecchietti simpaticissimi.
Ho vissuto troppo poco tempo per conoscerla ma il giusto per capire quanta importanza abbia il tempo in questo luogo.
E’ per questo che il mio progetto sarà dedicato al tempo.
Se Lucky mi ha insegnato a non inseguire la fretta, dopo la sua partenza mi sono perso. Sono fuggito dalla realtà in mille modi: sfornando idee, facendo yoga, viaggiando all’impazzata, facendo footing, andando al cinema o a cena fuori.
Ma qui non si scappa. Ci sono posti in cui dal tempo non si fugge, in cui il tempo è presente. Si vive davvero la giornata.
A Vizzini il tempo marca in modo indelebile città e cittadini.
Una storia importante ha lasciato sulle spalle di questa gente un’eredità difficile da gestire. Una risorsa pesante come un macigno. Le case abbandonate sono lo specchio degli sguardi rassegnati di chi ha inseguito un sogno altrove.
I centri giovanili pieni, le tante associazioni e i circoli ricreativi, la piazza colma,  gli schiamazzi nei parchi sono l’estremo opposto.  Sono la dimostrazione che qui c’è vita. La vita vera, di chi in un modo o nell’altro ha dovuto guardare in faccia la realtà.
Io sarò in questo posto e con questa gente per venti giorni. E per questo che racconterò le loro vite, ovvero la loro quotidianeità. Farò solo istallazioni urbane. Lo farò per loro, ma sopratutto per me. Sono stanco di fuggire e da questa gente non posso che imparare.
Posso iniziare.

Capitolo quarto – giorni 4 e 5 – Vizzini –

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Ad aspettarmi a Vizzini non c’era nessuno, colpa mia che non avviso mai prima del mio arrivo. Ho deciso allora di temporeggiare, aspettando che qualcuno dei miei contatti rispondesse. Ho camminato verso la Piazza centrale, ho scherzato con un bambino e parlato con un vecchietto. Poi nulla.
Mi sono seduto e chiesto: “E mo che cazzo faccio?”
Ho pensato a quello che una bambina una volta ha detto:  “Niente”.
Ho osservato la gente, le case e  le colline. L’ho fatto per un oretta.
Poi ho recuperato le chiavi della mia nuova casa: bella, grande e incredibilmente vuota.
Ho un letto, un fornellino elettrico, 4 tavoli e 12 sedie. Non ho frigo, tv, internet, lavandino per i piatti e mobili di alcun genere.
Ho lasciato lo zaino e sono uscito nuovamente.  Ho osservato la gente, le case e  le colline. L’ho fatto per tre ore, poi sono andato a dormire.
La mattina ho finalmente incontrato i miei referenti. Mi hanno presentato Lisa che mi ha presentato Giuseppe, ragazzi che per amore del territorio mi hanno portato in giro raccontandomi moltissime cose sulla gente, le case e le colline di Vizzini.
Questa cittadina, un tempo molto ricca, contava circa 25.000 abitanti. Poi troppi sono emigrati. Sono andati all’estero.  Vicino Melbourne c’è una cittadina in cui vivono circa settemila persone originarie di Vizzini.
Oltre a questo mi hanno detto che qui è nato Verga. Ci sono  le case dei personaggi delle sue novelle, peccato che alcune siano abbandonate. Ci sono poi un castello, un Museo Civico bellissimo, un sacco di chiese e palazzi, un mondo di vicoli e tanti piccoli negozietti. C’è anche uno splendido borgo ebraico, ma questo è abbandonato.
Sulle colline ci sono tantissime mucche, qui si producono molti prodotti caseari, da quarantunno anni si festeggia la sagra della ricotta che è rinomata in tutta la Sicilia.
A Vizzini c’è tantissimo, ma sono ben visibili le rughe lasciate dal tempo.
Sono tornato a casa ed ho pensato al mio progetto. Entro domani dovrò decidere e cominciare a lavorare.
Ho qualche idea…

Capitolo terzo – giorno 3 – Conferenza e ripartenza –

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Ce l’abbiamo fatta. Finalmente siamo riusciti a conoscerci, artisti e organizzatori. Durante la conferenza stampa sono stati presentati i progetti di quasi tutti. Su 570 candidati da diverse parti d’Europa siamo stati selezionati in 30. Ci sarà chi produrrà documentari visivi o sonori, chi farà reportage, chi videogames, chi abiti, chi dipingerà muri e chi tele.
In pochi non abbiamo alcuna idea su quello che faremo, aspettiamo di conoscere luoghi, abitanti e aneddoti prima di decidere.
Dopo la conferenza stampa ci siamo potuti perdere tra quartieri, monumenti e cibo di strada di una città che è entrata di prepotenza nella mia top ten.
Per due giorni abbiamo mangiato e bevuto giallo in tutte le sue sfumature e gradazioni, ma poco prima che il mio fegato cedesse siamo dovuti ripartire.
Siamo stati divisi in gruppetti e con le navette di Addiopizzo ci siamo diretti verso mete a noi ignote.
Siamo passati da Mister Bianco (nome stupendo) per lasciare Basik e poi da Catania per Benedetta.
Ci siamo qui fermati per mangiare i carciofi alla brace conditi con aglio, olio e prezzemolo.
Siamo poi ripartiti verso Ferla. Per strada il passaggio costa-entroterra  è segnato da una diminuzione notevole di auto ed un aumento esponenziale di mucche.  Con loro sono aumentati anche i miei dubbi.
Dubbi che da Ferla mi sono portato fino a Vizzini, ovvero per  22 km e 46 minuti. Mi sono chiesto come avrei fatto a spostarmi, ad incontrarmi con gli altri o a fare footing in questi percorsi scoscesi.
Poi sono dovuto scendere. Ero arrivato in Via Cafici n.2, ero giunto a casa.

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In alto un paio di scatti di giorni di cibo. In altissimo una foto di gruppo scattata da Pietro Milici, il fotografo ufficiale del progetto I-art. L’ultima in basso, invece, è il mio report in schizzi della due giorni a Palermo.

Capitolo secondo – Giorno 2 – Il viaggio –

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Ci sarebbero stati vari modi per raggiungere  la Sicilia partendo da Grottaglie: auto, bus, nave, aereo.  Burocrazia ha voluto che la cosa migliore fosse volare da Brindisi a Palermo facendo scalo a Roma Fiumicino. Nove ore in compagnia di Alitalia, con succhi all’arancia offerti e possibilità di distendere le gambe.
Ed eccomi a Palermo, città che mi ospiterà per due giorni e che mi ha subito colpito.
Una città con piante grasse alte fino a tre piani, cavolfiore giganti, birra forst a un euro, semafori opzionali, cacche di cane sempre già pestate da qualcun altro, cibo di strada ovunque, un numero elevatissimo di ape piaggio, edicole votive e paninari. Passeggiando per le strade mi sono perso già sei volte nei vari mercati all’aperto tra patate lesse e lampadari, panini, mazzi di carte napoletani, pesce arrosto e rotoli immensi di carta igienica.
A Palermo c’è di tutto e c’è anche anche la Domus carmelitana, ovvero il convento che sarà l’ alloggio mio e di altri quindici artisti fino al 29. Avremo modo di conoscerci meglio e confrontarci. Lo potremo fare in giro per la città oppure tutti insieme nel porticato del nostro convento, quello che vedete in basso a sinistra.
Io, invece, in questo preciso momento vi scrivo dal letto della mia camera. quello nella foto in basso a destra.
Ma forse è meglio che vada. Prima che gli altri vadano in giro.
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Capitolo primo – Giorno 1 – La partenza –

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Sono in partenza per un viaggio lungo un mese.
Ho da poco preparato il mio borsone rovistando tra speranze e bisogni.
Ho mischiato ansie a calzini di spugna, certezze ad attrezzi del mestiere, ipocondrie a spray nasali.
Sono uscito di casa felicemente triste di imbarcare in stiva chilogrammi di caos.
Prima di partire ho deciso di rimettere in moto il progetto 29 giorni.
Come nel 2013 dividerò i giorni in capitoli e i capitoli in racconti.
Da Neumuster a Vizzini, dal nord della Germania al sud della Sicilia, per vivere e condividere con voi la mia seconda residenza artistica.
Sono stato selezionato per il progetto I-art (cliccate qui) insieme ad altri 29 ragazzi provenienti da diverse parti dell’Europa. Ognuno trascorrerà il periodo 27 Marzo – 25 Aprile in una città diversa.
C’è chi andrà a Barcellona Pozzo di Gotto, chi a Buscemi, chi a Calatafimi-Segesta, chi a Caltabellotta, chi a Castelbuono, chi a Castelvetrano, chi a Catania,  chi a Enna, chi a Favara, chi a Favignana, chi a Ferla, chi a Ficarra, chi a Galati Mamertino, chi a Gangi, chi a Geraci Siculo Pozzallo, chi a Malfa, chi a Modica, chi a Misterbianco, chi a Motta Camastra, chi a Palazzolo Acreide, chi a Palermo (2 artisti), chi a Petralia Soprana, chi a Piazza Armerina, chi a Ragusa, chi a Sambuca, chi a Santa Ninfa, chi a Sutera e chi a Vizzini.
Io sarò quel “chi a Vizzini“, ovvero il temporaneo 6263 abitante di una città che ancora non conosco ma di cui vi parlerò presto, molto presto.
Giusto il tempo di un trovare un passaggio, prendere due aerei, una navetta, tre bus, aspettare un altro passaggio e chiamare un numero telefonico.

 

Capitolo ventunesimo – Giorni 28 e 29 – Here we are –

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Negli scorsi post vi ho mostrato tutte le opere realizzate in questo mese (clicca qui). Tutte eccetto una, quella che vedete in alto. Ho preferito tenerla nascosta fino alla fine, fino al momento di salutare Neumunster.
Al mio arrivo ho intitolato il progetto “I miss you” ed in questo post (cliccate qui) ho spiegato il perché. Ironicamente, attraverso la riproduzione in ceramica degli oggetti mancanti nella mia casa, sognavo di rendere il pubblico partecipe del mio tentativo di colmare vuoti e mancanze.  Sono arrivato così al giorno della presentazione, quando ho avuto modo di rivedere tutte le persone che ho incontrato in queste mese. Mentre cercavo di spiegare le opere ho visto brillare i loro occhi, rendendomi conto che a Neumunster, senza aver  dimenticato nulla, ho lasciato qualcosa.  Ho lasciato un ricordo di Giorgio di Palma uomo, oltre che ceramista.  Quando ho invitato la gente ad interagire gli ho chiesto di realizzare in ceramica una lettera su cui scrivere un messaggio, una  cartolina da dedicare a chi avessero voluto.
Io, di nascosto, preparavo il mio regalo per la città: una cassetta postale tedesca.  E’ quella che vedete in alto, il contenitore simbolo di ricordi ed emozioni. Lei resterà in strada, testimone del mio passaggio a Neumunster. Tutte le altre opere le ho donate alla fondazione. Non ho voluto né venderle e né portarle con me.  Con me porterò qualcos’altro, ovvero lo splendido ricordo delle persone che in questo mese mi hanno dato così tanto da non farmi mancare nulla. Un ricordo che  trasformerò in pezzi di creta, testimoni oculari di storie passate, presenti e future.  Storie  che non sono mai state mie, ma sempre nostre.
Danijela, l’organizzatrice, al mio arrivo mi chiese perché utilizzassi il plurale e non il singolare, il noi e non l’Io. Ecco la risposta. Io senza Danijela, senza Stefan, senza Dunja, senza Tara Lotte, senza Wolfgang e senza tutti quelli che ho conosciuto a Neumunster, non avrei avuto niente da raccontare. Io, senza il supporto di 6246 lettori, non avrei raccontato niente. Ecco perché uso ed userò il plurale.
Ci rivediamo presto, parola di Giorgio Terracotta.

Capitolo ventesimo – Giorno 27 – La presentazione –

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La presentazione, come previsto, si è svolta all’interno della mia casa. All’interno di questo post ho inserito alcune foto degli oggetti dislocati all’interno dell’ appartamento. Al momento mancano alcune opere, come la caffettiera e la sedia. Appena riesco a recuperarle, le aggiungerò. Ringrazio Wolfgang per le foto.

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Capitolo diciannovesimo – Giorni 25 e 26 – Le opere –

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Ho trascorso 24 giorni a Neumunster. La presentazione delle mie opere si è svolta ieri. Appena avrò a disposizione alcune immagine vi racconterò come è andata e vi farò vedere l’allestimento all’interno dell’appartamento. Quelli che vedrete in questo post sono gli oggetti realizzati durante il mio soggiorno. Ne manca uno, ma ve ne parlerò più avanti. Ho dovuto sacrificare gli spaghetti ed alcune chiavi che non entravano nel forno. Il resto è qui in queste immagini. A domani…
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Capitolo diciottesimo – Giorno 24 – Ultimo sforzo –

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Il momento più atteso da tutti i ceramisti è l’apertura del forno, magari dopo la smaltatura. In pochi attimi, i risulatati di settimane di lavoro si mostrano definitivamente davanti i nostri occhi per quello che sono e saranno per sempre. Potremmo essere tristi o felici, ma sicuramente resteremo sempre sorpresi dall’imprevedibilità di questo materiale. 
Oggi ho aperto i due forni del mio studio a Neumunster. Il forno piccolo conteneva oggetti con gli smalti importati da Grottaglie, quello grande oggetti con vernici tedesche. Ho spizzicato sperando che fosse andato tutto bene, come un pokerista alla ricerca degli assi. Poi ho spalancato e Ta na na na… la fortuna è con Giorgio Terracotta. I risultati ci sono, i difetti anche, ma molti oggetti brillano e questo mi rende felice. Non mi è servito fare test, è stata una scommessa contro il tempo e contro le previsioni accademiche. Manca un giorno ed il platino. Poi tutto sarà pronto per la presentazione di domani. Ce l’abbiamo fatta, anche se ho dovuto sacrificare alcuni pezzi per motivi di spazio nel forno. Fa anche questo parte del gioco.

Capitolo diciassettesimo – Giorni 22 e 23 – L’intervista e gli smalti –

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Sono arrivati gli smalti e tutti gli oggetti sono stati infornati. Ho deciso di applicare quelli importati sulle opere più piccole mentre sulle più grandi i colori tedeschi. Il tempo stringe, manca pochissimo alla presentazione e tifo italia germania. Accendiamo i forni ed incrociamo le dita, si parte. Anzi no, aspettate un attimo. Giusto 3 minuti per guardare la mia intervista, ma prima una breve premessa.
Premessa
Sono cosciente del fatto di rendere più nella versione scritta che in quella orale. Non so per quale motivo, ma ogni vota che cerco di spiegare un sentimento oppure un pensiero, mi incarto. Non sono un ottimo oratore in italiano, figurarsi in inglese. Il problema è che penso in dialetto, traduco dal dialetto all’ italiano e dall’italiano in inglese.
Il risultato è quello che potete vedere nell’intervista rilasciata qui a Neumuster, in cui non riesco a capirmi nemmeno io. Fortunatamente il mio ruttare parole a caso fa pensare ad una padronanza dell’idioma anglossasone non veritiero. Negli ultimi giorni, inoltre, sto peggiorando in maniera esponenziale perchè gesticolo azzardando termini tedeschi con accento inglese.
Ringrazio Stefan che è riuscito a far uscire fuori tre fasi di senso compiuto da un intervista di 15 minuti. Mi scuso con Stefan per avergli fatto trascorrere 3 giorni ad assemblare frasi sconnesse di senso incompiuto.

Capitolo sedicesimo – Giorni 20 e 21 – Lo chiamarono Terracotta –

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Da quando sono arrivato in Germania mi sono confrontato con argille dalle composizioni e reazioni più disparate. Percentuali, inclusi, colori variabili a seconda della cottura e mini sacchetti da 10 kg a 10 euro. Un mondo misterioso che non pensavo potesse esistere. Ad una persona come me, che non ha mai studiato la materia, bastava conoscere pressa, semipressa e tornio e selezionare in base allo scopo. Ho qui purtroppo scoperto che la nostra argilla non è la migliore del mondo. Si presta benissimo per fare i vasi da fiori ma per sperimentare non è il massimo. Poca resistenza e basse temperature di cottura
Giorgio Terracotta è qui, nel paese delle porcellane. Inconsciamente, in Germania, mi sono reso conto di aver vinto. Non a Neumunster ma a Grottaglie. Con la nostra argilla non ha senso produrre ceramiche funzionali, per belle che possano essere, perchè la nostra argilla può essere solo poggiata e maneggiata con cura. Faccio ceramiche inutili in partenza e questo mi rende felice. Lo faccio utilizzando colori lucidi e brillanti. La mia forza sono gli smalti e le vernici, che abbinati alla nostra argilla regalano sensazioni uniche. Quindi non parlatemi di tradizione, di avorio, miele e galletti. Perchè questa non è tradizione, è archeologia sperimentale. Cinquanta della sessanta botteghe ceramiche a Grottaglie non raccontano alcuna storia se non una lezioncina a memoria da cinquecento anni. Dovremmo raccontare la storia in modo diverso. Io ci sto provando e non sono arrogante, credetemi. Se oggi il Liceo Artistico chiude e se le botteghe sopravvivono a stento è perchè  moltissimi si sono arroccati nella loro arrogante tradizione, attuale solo nell’ importazione dell’argilla, dei forni elettrici, di smalti pronti, semilavorati ed idee altrui . Arroganti sono quanti non si sono aperti al confronto e a stimoli esterni. Io non ho paura di perdere, perchè ho già vinto.
Ho comprato i miei smalti e li sto applicando sull’argilla tedesca. Non mi importa se reagiranno o meno, il fascino e la brillantezza della mia ceramica sono unici perchè riflettono la magia della mia terra, splendidamente piena di difetti. Questa è la mia arrogante interpretazione del concetto di tradizione. Spero la condividiate.

Capitolo quindicesimo – Giorni 18 e 19 – Conto alla rovescia

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Scusate il ritardo, ma sono in ritardo. Ho trascorso gli ultimi giorni in continuo movimento cercando di mettere da parte tutte le informazioni ed i minuti per aggiornare. Ma non ce l’ho fatta. Sono stato in pub, a concerti, a visitrare laghi, ad incontrare ceramisti e alla fine a cenare a casa di Wolfang: un simpaticissimo tedesco che di lavoro faceva il Ministro* ma che oggi ha la passione per la fotografia e la lingua italiana.
Durante la mia ripetuta degustazione delle prelibatezze ho avuto il piacere di imbattermi in due alimenti che mi erano sconosciuti:
– La Brassica oleracea (clicca qui) un ravanello gigante che ho scoperto essere famoso nel sud Italia con il nome di cavolo rapa ma che io ho conosciuto di vista solo in Ungheria.
– Il Polygonaceae Rheum (clicca qui), ovvero il rabarbaro, prima di oggi visto solo nell’ etichetta dell’amaro.
Oltre al cavolo rapa e al rabarbaro i Wolfgang mi hanno fatto conoscere anche Volker Tiemann, un artista che fa quello che faccio io ma con il legno. Lo fa pure meglio….
Carichi di novità, io e la mia allegra famiglia tedesca siamo tornati a Neumunster, dove ho riaperto il forno e “Pi la ma……. e ce cazzo ete quane”.
I test fanno cagare, i colori non mi piacciono, li vedete in alto. Ho deciso di ordinare gli smalti in Italia, smetterla di testare ed agire. O la va o la spacca. Mancano 4 giorni e 3 cotture. Gli smalti sono in arrivo.

* Wolfgang veniva inviato al posto del Ministro, immagino a sorbirsi tutte le cerimonie formali come quella del mio arrivo. Cliccate qui per avere maggiori info.

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Capitolo quattordicesimo – Giorno 17 – L’alchimista –

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Ho smesso di fare esperimenti nel 2011 quando provai a cucinare una pasta con la crosta, funghi, patate e carote. Fu un disastro alimentare, come può testimoniare il mio bagno. In questa giorni, a distanza di anni, rimetto il camice dell’alchimista per sperimentare colori e reazioni, smalti, engobbi, cristalline, acidi e codici. Sono all’oscuro del contenuto che ogni busta riserva. I colori li deduco dalla mia poca esperienza e le temperature mi spaventano. Sono abituato a cuocere a 930-940 gradi. Qui siamo sui 1000-1200 gradi. Rischio davvero di fare disastri. La mia argilla non può sopportare quelle temperature e questi smalti non fonderebbero a 930 gradi. I miei pezzi sono in pericolo. Altro che pasta con la crosta. Qui rischio di fare la crosta sull’argilla. Con il disastroso risultato che anche questi esperimenti facciano cagare.

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Capitolo tredicesimo – Giorno 16 – Si accomodi –

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Torna la gif animata, l’evento psichedelico tanto odiato dai lettori di questo blog. Ho il piacere di abbagliarvi con le fasi di realizzazione di una sedia in ceramica. Questa, insieme ad altri 4 oggetti, andrà ad allestire la camera da letto, che ancora ospita i ricordi di chi ha abitato prima di me. 
Con la realizzazione di queste opere dovrò interrompere la produzione. Spero di riuscire a creare altre tre o quattro oggetti, di piccole dimensioni, ma il tempo stringe e devo concentrarmi sulle altre fasi: asciugatura, cottura, smalti, ricottura, terzi fuochi, riricottura. 
Manca una settimana e come al solito ho calcolato male i tempi. Scappo, mi devo sbrigare, altrimenti fuggo, ve lo prometto…

Capitolo dodicesimo – Giorno 15 – Il salotto –

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Nella versione primavera-estate sono solito indossare cappellini colorati, verde e rosso, a seconda degli stati d’animo. Come ad un semaforo, con il verde percorro sicuro la mia strada, mentre con il rosso mi metto in pausa, penso. Purtroppo non ho pensato di portarmi il rosso in Germania ed è per questo che l’ho rifatto in ceramica. Sarà uno dei cinque oggetti che allestirà il salone, insieme ad un ferro da stilo, una macchina fotografica, una pila ed un top-secret. A questo punto vi chiederete il perchè della pila, del ferro da stiro, della macchina fotografica e del top-secret. Vi racconterò solo della pila. Una notte mentre dormivo ho iniziato a sentire uno strano bip-bip provenire dal salotto. Dopo un pò di minuti ho realizzato che era l’allarme antincendio. Ho trascorso tutta la notte sul divano per paura di un possibile incendio, torturandomi con quel maledettissimo bip, fino a quando ho deciso di rimuovere la pila. Forsei dovrei semplicemente sostituirla o forse sto ppicciato….

Capitolo undicesimo – Giorno 14 – Workshop –

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Un paio di giorni fa sono stato ad una inaugurazione di una mostra qui a Neumunster. Il posto era bellissimo ma mi ha sconvolto il pubblico che vi partecipava. E’ solo grazie alla prensenza della neonata Tara Lotte, infatti, che l’età media è scesa fino 64 anni, altrimenti ci saremmo mantenuti generosamente intorno alle 76 primavere. Abbracciando un target leggermente più giovane, ho iniziato a temere che queste persone potessero avere problemi non solo nel capire il senso del mio evento, ma anche nell’ascoltarlo. Bisognava correre ai ripari, altrimenti tanto valeva starmene in Via Caravaggio e chiamare gli Amici dei Musei (clicca qui).  Il primo passo è stato il Workshop. Sfruttando una bella giornata di primavera con Danjela abbiamo deciso di spostare la location dall’interno all’esterno, per strada, e di attirare le persone con cibi e bevande, il sud insegna. Il risultato è stato al di sopra delle mie aspettative: 13 interazioni spontanee e 5 forzate, in sole 3 ore. Età media 38 anni e livello particolarità altissimo. Sono rimasto estasiato da due personaggi:
1) Un ragazzo che a piedi nudi è partito dal Belgio in direzione Roma. Deve essere lì per il 23 Giugno. Aveva capelli lunghi ed un suo alfabeto misterioso, utilizzando il quale mi ha lasciato un messaggio. Purtroppo non sono riuscito ad ottenere alcuna sua foto fino ad ora, ma vi prometto che la posterò.
2) Un uomo che da molti anni, non so per quale motivo, va in giro con una piccolissima scultura lucida, forse fluorescente di notte. Gli dedica foto e lo mette in contatto con genti diverse. Per realizzare il suo contributo ha impiegato quasi 2 ore ma alla fine è andata bene e mi ha chiesto di posare lì in basso. Ha anche creato un album che potete sfogliare qui.
E’ andata benone…. credetemi. E se non mi credete potete vedere altre foto qui.
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Capitolo decimo – Giorni 12 e 13 – Le gite –

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Ho sempre avuto un debole per le pause, lo ammetto. Anche nei momenti d’ intenso lavoro preferisco non stressarmi, alternando giustamente pausa e creazione. Da quando sono arrivato, oltre a concentrarmi  sul progetto, sono riuscito a ritagliarmi spazi di tempo che mi hanno permesso di concedermi qualche gita. Questo lo devo grazie a quelle persone di cui vi avevo accennato tempo fa (cliccate qui). Sono Dunja, Tara Lotte, Stefan e Danjella. Dunja è come una assistente, una bambina bellissima ed intelligentissima. Tara Lotte è sua sorella, con lei non comunico bene perchè ha solo due mesi. Stefan, invece, è il loro Papà, di lui mi piacciono le foto (sono quasi tutte sue quelle in questo post) e l’attitudine alla vita. Infine c’è Danjella, rispettivamente moglie, mamma, organizzatrice e ceramista serba (cliccate qui). Credetemi, non so come cazzo faccia, ma riesce benissimo in tutte queste cose. Insieme compongono una di quelle famigle così dolci che non pensavo potessero esistere. Eccoli lì, nella foto in alto, mentre nelle altre ci sono alcune località visitate in queste due settimane.

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Queste strane sedie da giostra sono in realtà delle postazioni da spiaggia, a noleggio presso l’inpronunciabileEckernförde. Sullo sfondo una scheggia impazzita, faceva il bagno mentre tutti indossavano berretti di lana.

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Il caratteristico paesino che mi fa impazzire. Kappeln, pieno, ma dico pieno di cianfrusaglie lungo tutto il porto e con edifici semi abbandonati sullo sfondo.lubeck

Capitolo nono – Giorno 11 – E’ pronto –

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E’ pronto. Ho preparato gli oggetti che allestiranno la cucina. Saranno tre, non quattro come avevo programmato. Purtroppo ho avuto un pò di problemi direttamente con l’argilla ed indirettamente con lo scolapasta. Mi spiace. Ho chiesto a Danjiela (un giorno vi parlerò di lei) di realizzarmi al tornio la coppa che avrei trasformato in oggetto ma questo tipo di creta non si è prestata al mio scopo. E’ molto sporca, piena di inclusi e dal colore arancione, sembra quasi cotto. Si possono fare cose solo inimmaginabili con la nostra argilla ma altre sono assolutamente impossibili. Ho così oggi imparato che dovrò fare a meno dello scolapasta e della spugna. Adesso mangio qualcosina, buon appetito, ma prima le scuse ed i ringraziamenti. Chiedo scusa a tutti gli internauti che soffriranno di disturbi visivi a causa dell’immagine di questo post. Ringrazio invece mio padre per l’ispirazione del piatto di pasta. Ne ha realizzato uno in ceramica veramente incredibile.

Capitolo ottavo – Giorni 9 e 10 – Ispirazioni –

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Ho una bici viola, modello Harley, che scadisce i tempi delle mie ricognizioni a Neumunster. Il codice del lucchetto è 912, lo scrivo qui, quando lo dimenticherò saprò dove cercarlo. Pedalo una mezzoretta al mattino presto, scongelando le scorte di sole che mi porto dietro per scongiurare il pericolo di pioggia. Daniel Johnston mi regala un pò di ispirazione mentre faccio sosta al bar preferito, quello centrale, dove il tazzone di caffè costa un euro e il cornetto ottanta centesimi. Poi riparto, tempo di pedalare un altro poco, spegnere Daniel Johnston, essere assalito da una nuova ispirazione e regalarla al bagno. A proposito di bagno, queste sono le opere a lui dedicate in questi due giorni. Giorni di bagno, pioggia ed ispirazioni. Ci sono anche un bagnoschiuma ed un rasoio. Come previsto nel progetto non li comprerò, per lavarmi uso ed userò lo shampoo ed una saponetta e per la barba uso ed userò il “po si pensa“. Assomiglio ed assomiglierò sempre più a Lello Arena, come molti notato o noteranno.

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Capitolo settimo – Giorno 8 – L’argilla –

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E’ iniziata la produzione intensa. Realizzerò le opere seguendo una logica quasi normale. Andrò prima in bagno, poi in cucina, a seguire in salotto ed infine in camera da letto. Non mosterò tutti gli oggetti sul blog; alcuni resteranno top-secret fino alla fine per regalarvi un effetto sorpresa. L’inutilità di questa tabella la verificherò non appena avrò terminato l’argilla che mi sono portato da Grottaglie. I due famosi lastroni pesanti 10 kg e gentilmente omaggiati, infatti, mi sono serviti oggi per realizzare le opere in alto. Ne manca una, quella top-secret. Ci aggiorniamo presto…

Capitolo sesto – Giorno 7 – Lo studio –

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Ho tutto quello che serve, o quasi. Ho uno studio immenso, una scrivania gigante, tre forni, compressore, decassatrice, argilla, frigo e acqua corrente. Non dando importanza alla tecnica ho sempre puntato sulle idee e fino ad oggi non ne sono stato tradito. Tuttavia mi sono portato dietro i miei piccoli segreti: un cerchietto di palstica, un perforatore in metallo gentilmente omaggiato, un regolo taglialastre e due bastoncini di legno. Oltre a questi ho avuto la pessima intuizione di trasportarmi 10 kg di argilla divisa in due lastroni, anche questi gentilmente omaggiati. Ho deciso di mettermi al lavoro iniziando da loro. Quella in alto è la mia scrivania. L’ambiente è ancora molto pulito, ho un giardino immenso e tante camere. Ci vediamo stasera con le prime foto…

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Capitolo quinto – Giorni 5 e 6 – La stampa –

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L’ultima volta che sono apparso sui giornali in Germania non è andata benissimo. Era il 2003 e fui selezionato come archeologo volontario per riportare alla luce i resti del campo di concentramento di Zeithain (clicca qui). Si concentrarono molte aspettative intorno all’archeologo italiano, ci fu l’incontro con il sindaco, le foto di rito e le pose per i giornali. Alla fine fu un mezzo disastro se non fosse stato per la latrina rinvenuta per puro caso gli ultimi giorni; latrina che mi toccò svuotare insieme a due altri volontari. Ecco perchè oggi, a distanza di dieci anni, mi fa un certo effetto vedermi nuovamente sulle pagine dei quotidiani regionali e provinciali tedeschi. Fortunatamente al momento non sono l’unica attrattiva della zona. Da giorni, infatti, un elefante si aggira per la città. Non ho capito bene cosa faccia e perchè sia finito a Neumunster, ma sicuramente è qui per aiutarmi. Spero di incontrarlo presto. Da domani inzio a lavorare, seriamente…

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Capitolo quarto – Giorno 4 – Le Istituzioni –

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Ho un progetto ed un piano, quello nell’immagine in alto. Lo ha redatto Dunja, la mia assistente personale. Ha quattro anni, bionda, occhi azzurri ed una gran voglio di fare, alemeno fino alle 20.00, perchè poi è stanca e non la si può disturbare. Purtroppo oggi non è potuta venire alla presentazione con le Istituzioni, era impegnata all’asilo. E’ un peccato perchè c’erano tutti: il Sindaco, il Vicesindaco, l’Assessore alla Cultura, i giornalisti ed i Ministri. E poi c’eravamo io e Danjella. E’ andato tutto bene, hanno parlato molto brevemente tutti, poi Danjela e alla fine io. Non ho capito niente. Hanno parlato in tedesco con un accento stretto tedesco. Per questo mi sono limitato a fare un sorriso da abete per circa 25 minuti. Poi  gli ho mostrato il mio progetto, quello che vedete in alto, redatto da Dunja. Penso che non abbiano capito niente. Ho parlato in inglese con un forte accento grottagliese. Per questo si sono limitati a fare dei sorrisi strani. Poi mi hanno omaggiato con foto da rock star che finiranno sui giornali e con una busta sorpresa della città di Neumunster. Alla fine sono andati via tutti e Danijela mi ha svelato che i due Ministri erano un mezzo pacco. I due,  in basso con mongomeri blu e con sciarpa rossa, in realtà vengono inviati a sorbirsi tutte le cerimonie della Regione, il Ministro non ci va mai.

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Capitolo terzo – Giorno 3 – Il progetto –

Cercavo un idea, osservando il frigo della mia cucina pieno di calamite. Cercavo di comporre vari nomi, bevevo caffè e pensavo. Mi mancavano delle lettere per scrivere Giorgio e mi mancava la caffettiera per un buon caffè. Mi mancavano anche delle idee. Poi boom, “I miss you“, ovvero la mia idea per la residenza.
Il progetto sarà incentrato sulle cose mancanti. Ho mandato Dunja a prendere un foglio di carta ed  annotare tutto ciò che dettavo, ovvero tutto ciò che mancava nel mio appartamento. Da oggi quel foglio non diventerà una lista della spesa ma l’elenco degli oggetti che realizzerò in ceramica, facendoli diventare reale testimonianza del mio passaggio a Neumunster. Sono oggetti quotidiani che mi sarebbero serviti per un perfetto soggiorno. Non li comprerò, li farò di ceramica senza farmene niente.
I miei lavori non saranno presentati in un museo o nella galleria, ma nel mio appartamento temporaneo. Per la prima volta dopo 25 anni la gente potrà realmente capire e vedere questo posto nella sua interezza. Potrà visitare le stanze e le mie ceramiche. Entrerà per osservare falsi oggetti sparsi per casa e tornerà a casa con spunti di riflessione. Vorrei fargli rivivere le stesse emozioni e sensazioni provate durante questo mese. Vorrei che osservando le opere la gente capisca l’ambiguità del titolo “I miss you“, ovvero il mio tentativo di riempire i vuoti.  Le mancanze ce le porteremo dietro, sempre, a meno che non si tratti di oggetti, che potremo facilmente sostituire. Ma io preferisco trasformare gli oggetti in ceramica e le mancanze in ricordi. Ogni oggetto è per me uno splendido ricordo che dedico a chi non c’è più, a chi vorrei fosse qui e a chi mi supporta da lontano. I miss you…..

Capitolo Secondo – Giorno 2 – L’idea –

Ad attendermi alla stazione c’erano Dunja, Stephan, Tara Lothar e Danijela. Errori dattilografici a parte, vi spiego chi sono:
Dunja è la mia assistente personale: bionda, occhi azzurri, ha sempre voglia di fare e di imparare.  
Stephan è un giornalista tedesco che, dopo aver lavorato per anni con radio indipendenti, oggi si interessa alla connessione tra giornalismo e multimedia.
Tara Lothar è tranquillissima e molto riservata, tanto che non ho ancora avuto modo di scambiarci due chiacchiere.
Danijela, ceramista serba, è da quest’anno direttrice del “Ceramic Artist in Residence“. Per rinnovare il programma ha deciso di diminuire i tempi del progetto ed aumentarne i partecipanti. Ne ha selezionati 10 completamente diversi per carattere ed approccio alla materia. Mi alternerò così con un professore universitario americano, un cinese supertecnico, il vincitore del Premio Faenza ed altri che poi mi sono distratto.
Intorno a lei ci sono tante aspettative perchè, oltre ad aver modificato un progetto consolidato, ha anche ricevuto un pò di finanziamenti dalla Regione. Ragion per cui arriverà il Ministro. In occasione della sua visita, prevista per domani, ci sarà una conferenza stampa in cui sarà presentato il programma della Stadttöpferei ed il mio progetto.
C’è stata per questo oggi una riunione intensa con Danijela e Dunja per discutere sulle mie idee da presentare domani e da sviluppare durante il mese. Naturalmente non ne avevo portate di valide e con Danijela abbiamo discusso per ore senza arrivare ad una soluzione. Poi ad un certo punto ho visto Dunja, la mia assistente, allontanarsi un pò offesa. Effettivamente non la avevamo coinvolta abbastanza nella discussione. Le ho chiesto di salire con me in casa e cercare qualche idea, sorseggiando un lunghissimo caffè. Nostalgico della caffettiera dimenticata, pensavo ed osservavo il frigo pieno di calamite. Poi d’improvviso, l’idea è arrivata, ovvero l’ho trovata. Era lì, tra me ed il frigo pieno di calamite. Nascosta nell’ombra di quel lunghissimo e bruttissimo caffè cu la posa. Domani ve la racconto.

Capitolo Primo – Giorno 1 – Valigie di cartone –

Non uso il trolley per scelta. Mi faccio carico dei miei sogni sollevando valigie di cartone pesanti come macigni, non trascinandoli su comode rotelleGiorgio di Palma, Orio al Serio, 30 Marzo 2013.

Spatapam…

“Li muerti di sta valiscia di merda”. Giorgio di Palma, Neumünster, 31 Marzo 2013.

Come volevasi dimostrare. Mi si è rotto il manico della valigia di cartone all’arrivo nella stazione di Neumünster. Avete capito bene Neumünster, una cittadina un pò più a nord del nord della Germania. Mi trovo qui per trascorrere un mese nella residenza Stadttöpferei.
Nel 2013 mi alternerò in questa casa, studio, galleria con altri nove ceramisti provenienti da tutto il mondo. Clicca qui  per tante news.
Ho deciso che racconterò questa esperienza in capitoli, giornalmente, per condividere immagini, creazioni, paure e speranze. Non lo faccio per ambizione, pubblicità o per esaltazione, sia chiaro. Lo faccio perchè nelle mie valigie di cartone, mischiati a pantaloni sporchi e cappellini colorati ci sono kg di vostro supporto.
E’ anche per colpa vostra che si è staccato il manico della valigia di cartone al momento del mio arrivo a  Neumünster.
Spatapam. Stavo scendendo dal treno e ad attendermi c’era un pò di gente. Figuraccia che non ho provato arecuperare traducendo la mia massima in inglese. Mi sono limitato a bestemmiare in grottagliese. Fortunatamente “il confine tra l’artista e l’idiota è così sottile che posso spacciarmi per entrambi, a seconda dei casi”… seconda massima, Giorgio di Palma, Neumünster, 31 Marzo 2013.
Ci aggiorniamo domani.